Scudo: proroga in due fasi, con aliquote diverse

Roma«Due scadenze e due aliquote». L’attesa riapertura dello scudo fiscale, inserita dal Consiglio dei ministri nel decreto milleproroghe, prevede una doppia variante rispetto alla norma originaria.
Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, lo ha spiegato in maniera spot: dall’entrata in vigore del decreto fino a fine febbraio si pagherà il 6%, da marzo fino al 30 aprile il 7. In realtà, l’aumento della sanzione per il rientro dei capitali detenuti all’estero e non denunciati era prevedibile per coloro che non hanno aderito entro la prima scadenza del 15 dicembre. Nella conferenza stampa successiva alla riunione di governo, il ministro Matteoli aveva accennato a un mantenimento delle aliquote dello scudo-ter. «Forse non era stato molto attento», ha tagliato corto il titolare dell’Economia.
Lo scudo fiscale «quater», secondo le prime ipotesi, dovrebbe consentire il rimpatrio di altri 30 miliardi di euro. La terza edizione, conclusa tre giorni fa, dovrebbe aver portato nelle casse dello Stato circa 5 miliardi (3,7 dei quali già destinati alla copertura dei provvedimenti inseriti in Finanziaria). Tremonti, però, non si è voluto sbilanciare. «Per lo scudo appena concluso - ha detto - siamo partiti da un euro e siamo arrivati a oltre 80 miliardi (la stima governativa dei rimpatri, per la maggioranza avrebbero superato quota 100 miliardi; ndr) e quindi la riapertura vale un euro».
In ogni caso, la proroga è quasi un atto dovuto o «un male necessario per fare arrivare risorse in Italia», come lo ha definito il presidente Confindustria Marcegaglia. Basta guardare i dati forniti dall’Associazione Italia private banking. Le strutture bancarie dedicate alla gestione dei grandi patrimoni privati hanno «rimpatriato» asset per 41,2 miliardi segnalando che per la prima volta sono state regolarizzate gioielli e opere d’arte.
La giornata di ieri è stata caratterizzata anche da due altri passaggi significativi; l’approvazione della Finanziaria alla Camera dopo il voto di fiducia di mercoledì e il definitivo via libera del Consiglio dei ministri alla class action amministrativa voluta dal ministro Brunetta.
L’ultima manovra della storia repubblicana (dal prossimo anno si chiamerà legge di stabilità) vale 8,88 miliardi. L’aula l’ha approvata con 307 sì e 267 no. Palazzo Madama dovrebbe approvarla in terza lettura entro martedì. I deputati siciliani dell’Mpa non hanno partecipato al voto e proprio eventuali intemerate del partito sudista sarebbero state alla base della decisione del ministro Tremonti di porre la questione di fiducia. Il saldo, già aumentato dagli originari 4 miliardi del Senato, non poteva in alcun modo essere toccato considerato che per far fronte al patto della salute con le Regioni si prevede l’utilizzo di parte del Tfr versato all’Inps.
Ieri, però, si è aperto un nuovo fronte caldo tra governo e imprese. Le organizzazioni del settore agricolo, da Confagricoltura a Fedagri a Cia, si sono lamentate con il governo per gli scarsi stanziamenti in Finanziaria. «Il 2009 è stato fallimentare - ha detto il presidente Confagricoltura Vecchioni - e nella manovra sono rimasti fronti aperti come le agevolazioni per il gasolio e le agevolazioni per la proprietà contadina: anche noi dobbiamo beneficiare delle risorse dello scudo».
Infine, l’ok alla class action di Brunetta apre una nuova strada: i cittadini potranno rivalersi in caso di violazione di standard qualitativi o di mancata emanazione di atti.

Non ci saranno risarcimenti, ma gli utenti avranno un’arma di difesa in più. Da gennaio quindi non solo la Pa ma anche i concessionari pubblici come Autostrade e Rai dovranno stare in guardia. La persistenza dei disservizi, in casi estremi, potrà comportare la revoca delle concessioni.

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