Gli sdegni di sinistra sono come la terzana Vanno e vengono

Caro dott. Granzotto, uno tra i tanti argomenti utilizzati da coloro che sono ostili a Berlusconi, consiste nel fatto che si accusa il Cavaliere di proporre al Parlamento leggi «ad personam»; eppure, se la memoria non mi inganna, i parlamentari del PCI riuscirono a far approvare una legge che li mettesse al riparo dalle indagini della magistratura, sui contributi finanziari che Mosca elargì per decenni al maggior partito della sinistra italiana; questo dimostra che, anche tra i censori dell’attuale Presidente del Consiglio, si annidano persone che a suo tempo non disdegnarono iniziative «ad personas». Le sarei grato se potesse ricordarmi le circostanze precise che portarono le Camere ad approvare quella legge, e in che cosa consisteva esattamente. Cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
Virgilio (MN)

È ben noto, caro Bardini, che la sensibilità civile e democratica della sinistra è come la febbre terzana. Va e viene. Va quando deve andare e sonnecchia, quando proprio non russa, se ci sono di mezzo interessi di bottega da tutelare o da promuovere. La più grande dormita della sinistra - qualcosa di simile al coma - si registrò nel 1974, allorché il Parlamento varò la famigerata (ma ormai dimenticata) Legge Mosca, dal nome del primo firmatario, il socialista demartiniano Gaetano Mosca. C’erano da sistemare quasi 40mila funzionari, portaborse, reggicoda e galoppini (il 60 per cento “dipendenti” di Botteghe Oscure) per i quali il Pci, la Dc, il Psi, la Cgil e le Leghe non avevano mai versato i contributi previdenziali. Tutta gente che lavorava sì per la “causa”, ma piuttosto restii a rinunciare, per la causa, al diritto alla pensione. Sicché venne il momento per i datori di lavoro, il Pci, la Dc eccetera, di mettersi una mano sulla coscienza che in simili soggetti e collocata sempre assai distante dal portafogli. E infatti, essi decisero di sanare il così detto pregresso a spese dello Stato, ovvero dei contribuenti. E fu - regnante a palazzo Chigi Mariano Rumor (maggioranza Dc, Psi e Psdi) - la Legge Mosca, che recò all’erario un danno di 25 mila miliardi di lire. Se ne videro di tutti i colori: gente che aveva cominciato a far l’autista a dodici anni, centoundici «dipendenti» del Partito comunista e delle Coop che non avevano mai varcato la soglia dell’uno e delle altre, anni riscattati conteggiando il servizio militare, la frequenza scolastica (medie inferiori) e addirittura il periodo di detenzione nelle patrie galere. Nel 1998, regnando a palazzo Chigi Romano Prodi, l’onorevole Eugenio Filigrana, dell’allora Forza Italia, presentò in proposito una interrogazione ai ministri del Lavoro, Tiziano Treu, e delle Finanze, Vincenzo Visco. Oggetto: fuori i nomi dei beneficiari (abusivi) della Legge Mosca. Non ebbe risposta. La coscienza civile e democratica se ne era andata in vacanza.
È altrettanto ben noto che il Partito comunista, ma anche il Pds, Partito democratico della sinistra, ricevette via Kgb barcate di soldi da Mosca. Parliamo di milioni e milioni di dollari (i rubli non erano graditi a Botteghe Oscure). Milioni e milioni di dollari che avrebbero scottato assai con la disciplina sul finanziamento dei partiti se la legge in materia, la numero 659, non avesse ammesso la possibilità di essere foraggiati dall’estero. È il quarto comma (il diavolo lì si nasconde, nei commi) dell’articolo 4, scritto apposta, esattamente su misura per i comunisti e i loro eredi: «Nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera l’obbligo della dichiarazione è posto a carico del solo soggetto che li percepisce».

Ha capito che drittata, caro Bardini? Si resero leciti le sovvenzioni moscovite con l’unica raccomandazione di darne conto, senza naturalmente disturbare il Cremlino. Inutile dire che nei bilanci del Pci (e del Pds) non figurò mai la voce «contributo dei compagni sovietici».

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