Se al Corriere adesso è vietato scrivere libri

Il direttore de Bortoli mette il bavaglio alle sue firme: "«Troppe pubblicazioni, bisogna dedicarsi al giornale"

Se al Corriere adesso 
è vietato scrivere libri

Cosa è successo? Che il direttore del Corriere della sera, che ogni giorno si spende per denunciare lo scandalo di una legge che mette il bavaglio ai giornalisti, quando si è accorto che i propri parlavano un po’ troppo, scrivendo libri, gli ha messo il bavaglio. E i suoi redattori, permalosi e vendicativi come lo sono tutti i giornalisti, prima si sono tolti il bavaglio, poi gli hanno azzannato la mano.
Brutta bestia la Libertà di Espressione. Non sai mai come prenderla. Se stringi il guinzaglio c’è il rischio che ti morda. Se la lasci andare troppo, finisce che ti scappa. In pubblico, cioè a parole, è Intoccabile: la accarezzi, la blandisci, la mostri orgoglioso a tutti. In privato, ossia nei fatti, puoi anche dimenticarla in un angolino, o urlarle di stare zitta quando inizia a dare fastidio. Sì, la Libertà di Espressione è un brutta bestia, soprattutto per i giornalisti. Figuriamoci per i direttori.

E immaginati per il direttore del Corriere. Che, sulle pagine del giornale, protegge amorevolmente il diritto di cronaca, soccorre la libertà di espressione e di informazione, accudisce il principio costituzionale secondo cui tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (anche con i libri...). E che, dentro le mura di via Solferino, alla Libertà di Parola gli tira un bel calcio nel culo.
Ma dopo aver guaito, la bestia abbaia.

Ieri al Corriere sono stati molti ad ululare dopo aver letto il comunicato del Comitato di redazione - inopinatamente uscito dalle segrete stanze di via Solferino - in cui si riferiva il disappunto di Ferruccio de Bortoli per il fatto che dentro il giornale c’è troppa gente che scrive (?!?). Cioè, intendeva dire che c’è troppa gente che dedica tempo ed energie a scrivere libri togliendoli al lavoro redazionale. Più esattamente: «Ci poniamo un problema di efficienza del giornale - ha detto De Bortoli ai suoi -. Vanno impiegate le risorse esistenti. Abbiamo il dovere morale di recuperare efficienza. Scriviamo, come redazione, una quantità di libri impressionante... dobbiamo fare in modo che le risorse di questo giornale siano dedicate alla fattura del giornale. C’è un problema di uso delle risorse da migliorare». Impressionante.

Come ha fatto notare qualcuno - con innegabile senso dell’umorismo e un po’ meno delle proporzioni - è come se i vecchi direttori del Corriere avessero impedito a Dino Buzzati o a Eugenio Montale (due eminenti dipendenti di via Solferino) di scrivere i loro libri. Uno dei due, peraltro, prese anche il Nobel.

In effetti, anche se magari non prenderanno il Nobel, per quanto glielo auguriamo, ci sono moltissimi giornalisti-scrittori al Corriere, che tolgono tempo ed energie alla «fattura» del giornale per scrivere e dire ciò che vogliono, secondo quanto prevede l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di espressione e di informazione. Articolo sacro se di mezzo c’è la legge che limita la pubblicazione delle intercettazioni. Un po’ meno se in ballo c’è un giornale da mandare in edicola.

Comunque, in ordine sparso ma gerarchico, solo in questo 2011 hanno scritto un libro il vicedirettore Pierluigi Battista (Lettera a un amico antisionista), l’inviato Aldo Cazzullo (il romanzo La mia anima è ovunque tu sia), l’editorialista Armando Torno (il pamphlet Il paradosso dei conservatori), la firma della Cultura Pierluigi Panza (Nati sotto la luna), la firma della Giudiziaria Giovanni Bianconi (Il brigatista e l’operaio), mentre la coppia Gian Antonio Stella - Antonio Rizzo ha sfornato (ben) tre bestseller (Licenziare i padreterni, Vandali e Silvio forever, con dvd...).

E Ferruccio de Bortoli, direttore, che ha scritto la prefazione al libro di Giovanni Terzi, l’introduzione a quello di Aldo Maria Valli, il saggio introduttivo alla riedizione di Saigon e così sia di Oriana Fallaci, la prefazione al libro di Giuliano Pisapia Due arcobaleni nel cielo di Milano... Comunque ha ragione lui. Dentro al Corriere si scrive troppo. «C’è un problema di uso delle risorse da migliorare».

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