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«Se dobbiamo lavorare il consiglio comunale si dovrà riunire di sera»

Carlo Tognoli? Presente. Paolo Pillitteri? Claudio Martelli? Giovanni Spadolini? Nicola Abbagnano? Pietro Longo? Riccardo De Corato? Roberto Mazzotta? Antonio Intiglietta? Barbara Pollastrini? Luigi Corbani? Mario Capanna? Presenti. Consiglio comunale di Milano, correvano gli anni Ottanta e a rispondere all’appello di Palazzo Marino erano uomini che hanno fatto la storia della città e spesso partecipato alla vita politica del Paese. Si riunivano la sera, mai prima delle sei e mezza, e andavano avanti fino alle nove o a mezzanotte. Nelle occasioni speciali, tiravano l’alba.
I consiglieri comunali andavano al lavoro e poi, alla fine della giornata, correvano a Palazzo a discutere (spesso litigare) di delibere e di politica. Ricorda Carlo Tognoli, sindaco di Milano tra il 1976 e il 1986, che l’organizzazione serale dell’aula era legata proprio all’attività professionale dei più: «Faccio una stima a spanne ma allora, tra Dc, Psi e Pci, avevamo in consiglio un 20 per cento di operai, un 40 per cento di impiegati e un 40 per cento di professionisti di vario tipo. Ci riunivamo alle sei e mezza perché era un orario conveniente per tutti, anche se i professionisti erano quelli che avevano più problemi...».


Il tema torna di attualità adesso che il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, chiede ai candidati in consiglio comunale di avere un’attività lavorativa indipendente dalla politica, così da tenere lontani da Palazzo Marino coloro che pensano di vivere di gettoni e nomine negli enti. (...)

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