Se l'essenza dello Stato è la violenza

Qual è la differenza tra un libero cittadino che arresta e segrega nella sua cantina un ladro di polli e un'organizzazione, quella statuale, che fa la stessa cosa? È da questa domanda che si pone Michael Huemer

Se l'essenza dello Stato è la violenza

Qual è la differenza tra un libero cittadino che arresta e segrega nella sua cantina un ladro di polli e un'organizzazione, quella statuale, che fa la stessa cosa? È da questa domanda che parte un libro interessante e che fa pensare che questa settimana vi consigliamo. Si chiama Il problema dell'autorità politica ed è scritto da Michael Huemer. Il testo ci spiega su cosa si fonda questa benedetta autorità politica e il suo strumento ultimo, che è la coercizione. In un esempio illuminante, in fondo, Huemer ci dice che si finisce sempre con la violenza fisica. La catena degli ordini di uno Stato su questo si basa. Se non rispetto il semaforo rosso mi fanno una multa. Se non pago la sanzione, la ingigantiscono, magari togliendomi la patente. Se continuo a girare senza patente, mi fermano. E poi magari mi arrestano. Infine, se non accetto di essere tradotto in cella, qualcuno dovrà pur strattonarmi per un braccio, come minimo, e ficcarmi nell'auto che mi porterà in galera. Certo tutto è fatto da un'organizzazione terza, e tutto è concepito con una procedura, che possiamo definire democratica.

Il libro smonta, pezzo per pezzo, e con una certa logica l'essenza dell'autorità politica, prima analizzandola, e poi vedendone le sue giustificazioni storiche. Il Nostro non ama neanche le sue declinazioni minime, quelle di Nozick o della Ayn Rand. Il libro, come si capisce bene nella seconda parte, è un testo ragionato dell'anarchia, o meglio dell'anarco capitalismo. Per l'autore una società può funzionare anche senza l'accettazione dell'autorità. A questo proposito, interessante aver pescato il cosiddetto esperimento di Stanford degli inizi anni '70. Quell'esperimento che ripropose la situazione di un carcere tra volontari studenti universitari, dividendoli tra guardie e ladri, e che fu concluso in anticipo per le prevaricazioni e la violenza che le guardie usavano contro i finti ladri e la supina accettazione di questi ultimi. Huemer forse ci vuol dire che l'autorità politica è un po' come quell'esperimento: accettiamo il ruolo dello Stato e della sua violenza, anche se le basi su cui si poggia sono fragili. A Stanford era un esperimento pensato sulla carta da un professore, nella politica sono centinaia di anni di filosofia, ma poco cambierebbe. La sintesi è che il «potere è autoconvalidante».

Forse la nostra pigrizia intellettuale non ci fa accettare fino in fondo le tesi anarchiche, nonostante siano così ben costruite e analizzate nel testo, abbiamo paura, da libertari, ad andare fino in fondo.

Una cosa è certa: ragionare sui fondamenti dell'autorità della politica, ma soprattutto dell'autorità statuale, e sulla sua legittimità ci può aiutare a non accettarne le sue imposizioni acriticamente. Questo libro è un bell'esercizio di logica e un'ottima sfida ai nostri pregiudizi.

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