«Se il partito non mi appoggia, mi autosospendo»

«Sabotaggio? Hacker? Intrusioni nell’anagrafe capitolina? Possibile che certi giornalisti che pur dimostrano tanto zelo nel seguire questa vicenda facciano poi una confusione così grossolana?». Fabio Sabbatani Schiuma è un fiume in piena e sembra aver perso la prudenza che ha caratterizzato i suoi commenti sul Laziogate. «Sono costretto a ricordare che ho già chiarito la mia posizione nelle sedi competenti e che la mia situazione processuale è stata archiviata».
L’archiviazione è di un anno fa. Poi sono spuntati fatti nuovi, tra cui l’ultima intercettazione della telefonata tra lei e Salvo Sottile.
«Guardi, questa delle intercettazioni sta diventando veramente una questione insopportabile. Nella stessa telefonata io avrei detto a Sottile che nella commissione elettorale della Corte d’appello c’era un magistrato da me conosciuto. Addirittura ho letto che la Procura di Perugia, che sarebbe competente per questioni relative ai magistrati romani, procederà per questi fatti. Dopo qualche giorno ho letto su un noto quotidiano dieci anonime righe in cui proprio quel magistrato precisava di non aver mai fatto parte di quella commissione. E poi mi sembra che ad oggi nessuno abbia ripreso questa smentita».
Però lei quelle parole, secondo l’intercettazione, le ha pronunciate. Perché?
«Perché sono affari miei. Nessuno ha diritto di andare a mettere il naso nella chiacchierata privata tra due persone al telefono senza tener conto di toni e circostanze».
Allora lei è contrario all’utilizzo delle intercettazioni. Eppure sono un mezzo di indagine estremamente efficace.
«Non ho detto questo. Voglio precisare: le intercettazioni esistono, sono disciplinate dal nostro codice di procedura penale. Il problema fondamentale è che dovrebbero essere destinate esclusivamente a chi le ha richieste, cioè alla magistratura per verificarne l’attendibilità. Ecco, lo scandalo è che, ancor prima che il magistrato decida se quella notizia è utile all’indagine, quella trascrizione finisca in mano alla stampa. Questo è inaccettabile, ogni cittadino deve avere il diritto di dire quello che vuole al telefono o di chiacchierare con un amico».
Però non ha ancora risposto: perché quelle frasi pronunciate da lei sul Laziogate?
«Le dirò, sinceramente, che proprio non ricordo di aver mai pronunciato quella frase. Non lo escludo, perché se l’hanno trascritta sarà vera, ma le assicuro che se prima di leggere l’intercettazione mi avessero fatto la stessa domanda avrei sinceramente negato quel fatto. Avrò voluto impressionare qualcuno che stava vicino a me? O, più banalmente, avrò fatto mia una notizia, evidentemente errata, che qualcuno mi aveva riferito? Del resto era il periodo di campagna elettorale in cui si fanno centinaia di telefonate».
Quindi, in conclusione, lei è sereno?
«Certo. Queste nuove intercettazioni non modificano per niente la mia posizione processuale già archiviata e chi conosce gli atti sa benissimo anche questo. Però leggere che la mia possibile conferma alla vicepresidenza del Consiglio Comunale sia stata vanificata da questa ultima vicenda è deprimente. Avrei voluto essere valutato soltanto per il mio passato da consigliere comunale e per il mio ottimo esito elettorale, ma io purtroppo non ho ancora ricevuto alcun segnale concreto dai vertici locali del mio partito».


E quindi?
«Aspetto che qualcuno mi dia risposte concrete, che credo di meritare dopo oltre dieci anni di partito e ben tre elezioni consecutive vinte, raddoppiando e aumentando i consensi. Altrimenti mi autosospenderò».

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