«Se si vuole, quel tunnel si fa in 5 anni»

Un tunnel sotto Milano sembra una chimera. Pietro Lunardi, ex ministro delle Infrastrutture, ingegnere, libero professionista attivo nel settore delle costruzioni in sotterraneo, è tutt’altro che scettico.

Si torna a parlare di un tunnel stradale sotto la città. È un progetto realistico?
«Guardi, oggi quando si parla di opere in sotterraneo esiste sempre la fattibilità. Se vogliamo fare un tunnel come il Passante ferroviario e la rete metropolitana, è possibilissimo da un punto di vista ingegneristico. Su questo non ci sono dubbi».
E allora perché non si è ancora fatto?
«Naturalmente serve che il progetto sia fatto bene e la realizzazione sia altrettanto buona, com’è avvenuto per il Passante Ferroviario. E serve adeguata copertura finanziaria. Per il Passante, galleria di sette o otto chilometri, sono stati impiegati 25 anni perché i finanziamenti non arrivavano mai. E si poteva fare benissimo in 3 o 4 anni. Sono i soliti problemi italiani».
Quanto tempo sarebbe necessario? Undici chilometri di tunnel si potrebbero realizzare per l’Expo del 2015?
«Il tempo dipende un po’ dalla lunghezza del tunnel previsto, è difficile fare previsioni se non c’è un progetto adeguato. Ma undici chilometri si riescono a fare benissimo in tre anni, cinque anni se si considera il cosiddetto arredo, ovvero ventilazione e illuminazione».
Davvero basta così poco?
«Scusi, la Bologna Firenze, con l’Alta velocità, 80 km di galleria più 20 km di accesso, un ordine di grandezza di 100 km sotto gli Appennini! e li abbiamo realizzati tra il 1996 e il 2004. Lei capisce che è tutta una questione di cantieristica, di progettazione e corretta conduzione».
Se le difficoltà tecniche sono relative, perché è così difficile realizzare un’opera che in città come Parigi è realtà da tempo?
«Parigi ma anche Mosca, Stoccarda e Rotterdam per fare qualche esempio. È solo un problema di finanziamenti e coperture finanziarie, perché dal punto di vista tecnico, dell’ingegneria, noi italiani siamo i primi al mondo. Non abbiamo problemi al mondo».
Il project financing, l’autofinanziamento, non è una buona soluzione?
«Il project financing significa che esiste un partnerariato pubblico privato, come per il Ponte di Messina. Ci vuole una garanzia da parte dello Stato che coprirà una parte dell’opera. Se un privato vuole finanziare totalmente un’opera del genere, deve poi avere una concessione di 30 o 50 anni. Queste formule funzionano molto bene, ma è importante che lo Stato mantenga gli impegni».
Quali disagi, anche temporanei, sono ipotizzabili per i cittadini?
«Nessuno. Oggi si progetta e si realizza in modo da non produrre nessun impatto sul territorio quando si lavora in sotterraneo. L’impatto è minimo, perché si parte da pozzi profondi tra i 10 e i 50 metri e dai pozzi si costruisce la galleria. C’è solo il problema del materiale di risulta, che è ridotto al minimo».
Se si dovesse lavorare per uno svincolo in piazza della Repubblica?
«Di solito si occupano piazze che non disturbano, il cantiere di accesso si può collocare in mezzo alle rotonde, come è accaduto a Roma per piazza Venezia. Da lì poi si parte e si va in profondità. C’è un disturbo minimo».
La riduzione del traffico di superficie è il vantaggio principale?
«È come nel corpo umano. La circolazione del sangue, il sistema venoso e arterioso, sono dentro ma non si vedono. Lo stesso vale per la superficie terrestre: quando mettiamo tutti i servizi sotto terra, il nostro territorio diventa vivibile. Se noi mettiamo i servizi sotto terra, liberiamo la superficie e possiamo godercela come 100 o 200 anni fa. Fuori verde, mezzi elettrici, mezzi ciclabili. Diventerebbe la città ideale».
Il verde sopra e l’inquinamento sotto?
«Vale non solo per le strade ma anche per altri servizi, come i depositi di combustibili e derrate. Vale per i depuratori e anche per le centrali nucleari».


Non sono più pericolose le centrali nucleari sotto terra?
«Le centrali nucleari in caverna sono antisismiche per definizione, hanno costi di manutenzione irrisori e sono anche più sicure: basta isolarle con porte stagne».

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