Se tutte le intercettazioni portano ad Arcore

Tutte le intercettazioni portano ad Arcore. Può sembrare un luogo comune, uno slogan, una frase a effetto, invece rischia di essere la regola. I pm, i pm di tutta Italia, portano acqua al mulino del «Rubygate». Chissà quanti sono gli affluenti della grande indagine condotta da Ilda Boccassini. Chissà quanti sono i magistrati che hanno trasmesso ai colleghi di Milano carte interessanti, in ossequio alle norme, ma anche con encomiabile solerzia. Dunque, è Napoli ad alimentare uno dei tanti filoni laterali. La magistratura napoletana trasmette infatti a quella di Milano gli sms e le intercettazioni che riguardano la showgirl Sara Tommasi, arrivata alla notorietà con «L’isola dei famosi». Sara Tommasi ha inviato messaggi al premier e ha conversato con lui al telefono. Ora gli investigatori definiscono «molto affettuosa» la corrispondenza della starletta col presidente del Consiglio.
Quel che non si capisce è che cosa c’entrino Sara Tommasi e la procura di Napoli con Berlusconi. E invece no, c’entrano. Eccome. La catena che porta dalla ragazza a Napoli e da Napoli a Milano è assai tortuosa ma un filo che lega lo si trova sempre. Dunque, come spiega Repubblica, lei parla con un personaggio localizzato in Campania e a sua volta in contatto con un camorrista. Un tizio che appartiene ad un clan specializzato nel traffico di cocaina e nello spaccio di banconote false.
Risultato: anche la giovane viene intercettata dai pm campani Qualcuno si mette all’ascolto e trova la sorpresa, come nell’uovo di Pasqua. L’attrice manda messaggi via sms e telefona al presidente del Consiglio. Messaggi che ora sappiamo essere «molto affettuosi». Che sarà mai? Quali parole avrà mormorato lei al premier? Domande legittime, ma è altrettanto legittimo notare che, passaggio dopo passaggio, si inizia dalla camorra, dai malavitosi che strozzano l’economia napoletana, e si finisce, tanto per cambiare, ad Arcore. Dai boss alle stanze di Villa San Martino.
Gli investigatori puntano al bersaglio grosso. Si studia la rete dei rapporti, il network delle relazioni fra i diversi protagonisti, il quadro del chi c’era chi non c’era. Così si scopre che Sara Tommasi era ad Arcore il 25 aprile scorso, giorno in cui Berlusconi aveva come ospite Vladimir Putin. Ma c’era anche una pattuglia di avvenenti ragazze. Sara Tommasi, appunto. E poi Barbara Guerra, le gemelle Manuela e Marianna Ferrara, Barbara Faggioli, Marysthell e, naturalmente, Ruby. Insomma, partendo dai vicoli di Napoli si arriva alla mappa completa di Arcore e allo studio incrociato dei rapporti fra le diverse tribù e le diverse persone che frequentavano Villa San Martino. Niente male, ancora di più se si tiene presente che la Tommasi non è nemmeno, per quel che si capisce, indagata nell’inchiesta campana ma semmai è un semplice testimone.
Tutte le intercettazioni e tutte le inchieste portano ad Arcore. Nadia Macrì, la escort che è scivolata su Ruby spiegando di aver visto ad Arcore la ragazza marocchina che invece non c’era, è stata sentita in prima battuta dai pm di Palermo. Poi le carte siciliane sono state spedite a Milano.
E da Milano, ma da un altro pm, parte l’input per intercettare il prefetto Carlo Ferrigno, risucchiato nelle scorse settimane nell’indagine. Ferrigno viene “spiato” perché sarebbe coinvolto in una brutta storia a luci rosse. Passano le settimane e un bel giorno, parlando con il figlio, l’alto funzionario si mette a raccontare il bunga bunga. È farina del suo sacco? No, Ferrigno parla de relato, come succede per i pentiti di mafia, e svela le confidenze ricevute a suo tempo da un’amica: la danzatrice del ventre Maria Makdoum. Lei c’era, lei ha visto, lei è rimasta schifata. Informazioni preziose che vengono immediatamente girate a Ilda Boccassini e agli altri magistrati. Maria sbuca così nel cuore dell’inchiesta e viene immediatamente sentita. Lei conferma.
Sono molte le possibili intersezioni dell’indagine con altri fascicoli di tutta Italia. Secondo Repubblica, anche la procura di Bari avrebbe trovato qualcosa d’interessante. Certo, il materiale a disposizione è moltissimo. E continua ad essere alimentato dai colleghi di questa o quella città.

Secondo alcune indiscrezioni, le intercettazioni del «Rubygate» sarebbero costate finora non più di 25 mila euro. Poco. Pochissimo, rispetto alle cifre ipotizzate da più parti, ma l’impressione è che Milano abbia ricevuto pacchi di brogliacci nastri in regalo.

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