Marianna Bartoccelli
da Roma
Per Paolo Cento, uno dei leader dei Verdi, ma soprattutto dopo dieci anni di aula profondo conoscitore dei giochi parlamentari, cè una sola soluzione per uscire da questo «dannoso» duello che vede Marini contro Andreotti.
È un duello che si combatte sul filo di lana. Voi Verdi non avete alcun dubbio sui risultati?
«Noi siamo sicuri che i numeri sono per Marini. Ma il problema non è più questo. Non si può non cogliere che al Senato cè una maggioranza risicata, e che lunica soluzione è una iniziativa politico-istituzionale per aprire un confronto con quanti nellarea moderata del centrodestra non vogliono una paralisi».
Chiedete aiuto allUdc?
«Non è questo il mio concetto. Dico che prima di tutto, per sgombrare il campo, è necessario che Berlusconi accetti la vittoria dellUnione e faccia questa telefonata. A questo punto si deve cominciare ad aprire un confronto sulle cariche istituzionali. Bisogna stanare larea moderata».
Ma larea moderata di destra è ben felice di votare Andreotti e spera di portare a casa questo risultato.
«Andreotti rischia di essere il cavallo di Troia del centrodestra. Ma tutto questo si supera non rimanendo in trincea. Bisogna affrontare il tema complessivo dellassetto istituzionale».
Come, a chi tocca liniziativa?
«Marini, che è un bravo ex democristiano, sa come fare. Sta al nostro candidato prendere uniniziativa politica per mettere in movimento il quadro politico. La trincea non serve a nessuno».
Crede che Andreotti possa battere il vostro candidato?
«No, il centrosinistra sarà compatto e i numeri ci danno ragione. Ma ripeto, il problema non è questo. Questo governo ha una maggioranza certa e quindi potrà governare. Ma la trincea che nasce dal voto per il presidente del Senato non giova a nessuno. In politica e in Parlamento bisogna rendere possibile lo scontro».
Affida a Marini lonere di affrontare questo difficile passaggio?
«Il muro contro muro non serve a nessuno.
Mette in discussione anche la nomina di Bertinotti?
«Su quello cè accordo e maggioranza. Dico però che in politica nulla va considerato mai statico».
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