Senza alibi, le tracce di sangue in casa: Esposito resta in carcere

Gradoli. Ce n’è abbastanza, secondo il gip, per inchiodare l’elettricista accusato del duplice omicidio della convivente moldava e della figliastra

Senza alibi, le tracce di sangue in casa: Esposito resta in carcere

Giallo di Gradoli. Schizzi di sangue in casa, contraddizioni nelle prime dichiarazioni e, soprattutto, quel buco temporale di due ore di cui si è parlato più volte durante l’interrogatorio di garanzia. Ce n’è abbastanza, secondo il gip del Tribunale di Viterbo Rita Cialoni per lasciare in carcere Paolo Esposito, l’elettricista di 39 anni accusato di duplice omicidio volontario aggravato nei confronti della convivente moldava Tatiana Ceoban, 36 anni, e della figliastra Elena, 13 anni, svanite nel nulla la sera del 30 maggio.
Un assassino strano per un delitto ancora più singolare, quello avvenuto nella villetta in località Cannicelle. Tanto per cominciare Esposito, nonostante avesse avuto almeno due settimane di tempo per procurarselo (il primo avviso di garanzia per sequestro di persona è del 12 giugno), non avrebbe un alibi, ovvero nessun testimone in grado di giurare sulla sua presenza in casa dei genitori fra le 18,30 e le 20,30 di quel sabato maledetto. L’uomo, che dal penitenziario di Mammagialla ripete di non aver ucciso nessuno, insiste nel raccontare di aver passato la seconda parte della giornata dai suoi «vecchi» assieme alla piccola Erika, la bimba di 6 anni avuta con Tania. Il pm Renzo Petroselli, con un assistente sociale, ha provato persino a chiedere spiegazioni alla bambina. Inutilmente. A inchiodare l’uomo, che potrebbe essere rinviato a giudizio nonostante manchi ancora il corpo del reato, ovvero i cadaveri delle due scomparse, i rilievi del Ris effettuati il 23 giugno. Tracce evidenti, ripetibili, e tracce latenti. In particolare una macchia sotto lo stipite della porta della cucina e una su un pomello di una tenda. Dove è finita, poi, quest’ultima è uno dei tanti punti interrogativi che aggravano la posizione dell’indagato. «Queste piccole macchie sono compatibili con il sangue trovato su una mutandina di Erika - spiega l’avvocato Enrico Valentini, uno dei due legali di Esposito -, per cui potrebbero appartenere sia alla madre che alla sorella Elena». Secondo il giudice, però, le prove raccolte bastano per dimostrare che nella villa di Gradoli c’è stata una lotta violenta. Troppo poco, secondo la difesa, per trattenere in galera una persona. «Ricorreremo al Tribunale del Riesame - conclude Valentini - chiedendo la libertà o, al massimo gli arresti domiciliari visto che Paolo non è un soggetto pericoloso e non ci sarebbe pericolo di fuga o reiterazione del reato». Tanto più che in questa storia assurda, le cui indagini sul campo vengono avviate con 15 giorni di ritardo, spunta la sorella di Tania, Alla di 24 anni, che alla madre Elena Nekitor, 64 anni, dice: «Sono ancora vive».

La donna, da tempo in rottura con il resto della famiglia, è stata ascoltata dai magistrati prima del fermo di Esposito. Con lui avrebbe avuto una relazione, scoperta per caso proprio dalla sorella in un dvd. Che lei e Paolo siano anche complici? Ipotesi presa in considerazione dagli inquirenti ma subito scartata.
yuri9206@libero.it

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