Politica

«Sermoni in italiano e lezioni di islam a scuola»

Tre voti contro il «diritto di Israele a convivere con la Palestina»

Anna Maria Greco

da Roma

Un messaggio di pace e di integrazione tra i popoli, con la condanna del terrorismo e il riconoscimento dello Stato di Israele. E una serie di richieste concrete, come sermoni in italiano nelle moschee, l’ora alternativa di religione per i musulmani e corsi di laurea per gli imam. Così la Consulta islamica chiude la sua seconda riunione al Viminale, presieduta dal ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, pur senza dare un’impressione di grande compattezza.
L’organismo si esprime per il dialogo nel rispetto delle reciproche differenze, per il rifiuto di ogni fondamentalismo, di ogni offesa ai valori ed ai simboli religiosi e di «ogni presa di posizione che, strumentalizzando i valori della fede a fini politici, spinga all'odio e alla violenza». Un chiaro riferimento alle vicende legate alle vignette su Maometto e, in proposito, Pisanu esprime il suo «vivo apprezzamento per l'esemplare compostezza della comunità islamica italiana in momenti di gravi tensioni etnico-religiose», richiamando su di esse l’attenzione dei mass media.
Sull'immigrazione la Consulta sottolinea che quella regolare è una risorsa da valorizzare nelle società europee, mentre quella clandestina è un fenomeno patologico che va contrastato con fermezza, senza però dimenticare il rispetto dei diritti inalienabili.
Molto importante il documento che condanna terrorismo ed estremismo, presentato dalla presidente dell'associazione delle donne marocchine, Souad Sbai, e sottoscritto da 11 dei 16 membri della Consulta, compreso il direttore della sezione italiana della Lega mondiale musulmana, Mario Scialoja. «Auspichiamo - dice - che la pace e la democrazia si affermino come realtà concrete in tutti i Paesi musulmani. A questo scopo ribadiamo il diritto di Israele a convivere a fianco dello stato palestinese indipendente nella pace e sicurezza reciproca». Contrario il presidente dell'Ucoii Mohamed Nour Dachan, che presenta un altro documento sulle richieste delle comunità islamiche, dalla moschea, alla scuola, alla casa. Uno degli astenuti, il marocchino Khaled Chaouki, spiega: «Condivido il testo, ma il ruolo della Consulta è di provvedere ai problemi concreti della comunità». Tra le proposte, la richiesta che i sermoni degli imam siano in italiano; l'introduzione nelle università di dottorati in scienze religiose comparate, per la formazione degli imam; l'introduzione nelle scuole dell’ora alternativa di religione islamica e della lingua araba anche per gli italiani; l'invito ad evitare ghetti scolastici e a verificare che i corsi di arabo nei centri islamici siano rispettosi delle leggi. C’è poi il problema della correzione dei libri di testo con «notizie palesemente false sull'Islam ed i musulmani». Si sono confrontate, dunque, la linea di Souad Sbai e quella dell'Ucoii. «La prima - spiega il vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana, Sergio Pallavicini - ha ottenuto maggiori consensi e delinea le linee guida dell'Islam italiano, “distinto” e “distante“ da terrorismo e fondamentalismo. Mentre l'Ucoii punta ad una legittimazione dell'Islam all'interno della società italiana, più ad una vera integrazione, con il rischio di società parallele».
Alla soddisfazione di Pisanu per il lavoro della Consulta, fanno da contraltare le polemiche del leghista Roberto Calderoli. «A nome di chi fanno queste richieste? E i richiedenti sono in condizione di garantire, nei loro Paesi di provenienza, non tanto quello che qui richiedono ma, perlomeno, la garanzia che i cristiani non vengano perseguitati per la loro fede religiosa?».

Anche Ignazio La Russa di An pone l’accento sulla reciprocità.

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