(...) Un pool di «angeli custodi» (psicologi, educatori e assistenti sociali) a disposizione dei 137 nomadi «sfrattati» dalla Foce, affinché superino lo choc del trasloco. Il santo Natale è ancora lontano, ma Tursi è già in vena di regali. Tanti e subito. Non solo gli appartamenti di edilizia popolari, destinati ai nuclei familiari che oggi stazionano sotto la sopraelevata, ma anche un assegno di un milione di vecchie lire per ciascun capo famiglia. Insomma tutto quello che le amministrazioni di centro sinistra non hanno fatto in quasi 20 anni, ora verrà completato in pochi giorni con una fretta misteriosa. Entro venerdì, infatti, l'area dove oggi vivono 28 famiglie di rom, sarà liberata da roulotte e moduli abitativi.
Dopo l'ordinanza «igienico-sanitaria» firmata dal sindaco Giuseppe Pericu venerdì scorso su segnalazione della Asl 3, ieri in via dei Pescatori è scoccata l'ora dello sgombero. Ma non sono mancati momenti di tensione, quando sul posto sono comparse le prime ruspe per demolire le baracche della bidonville. Tutto è rientrato nel giro di pochi minuti, grazie all'intervento di vigili urbani e forze dell'ordine, che hanno raffreddato i bollenti spiriti. Alle 8.30 tre famiglie rom avevano già lasciato il campo della Foce. A mezzogiorno erano cinque, alla fine della giornata dodici. Il resto del trasloco verrà perfezionato entro quattro giorni. I 137 nomadi andranno ad abitare in via Bologna e piazzale Pestarino (San Teodoro), via dei Platani (Marassi), via teatro Nazionale, nei carruggi, via Pantaleo (sopra Staglieno), via Prè, via Carso, via Burlando e via Torricelli, a Quarto. Proprio da qui ieri sono partite le prime lamentele dei residenti, ai quali ha dato manforte Alba Viani, capogruppo di Forza Italia nella circoscrizione Levante. «È semplicemente assurdo mandare i nomadi in via Torricelli, che presenta già molti problemi. Ma non era meglio destinare alla comunità rom uno spiazzo aperto fuori Genova? Nessuno discute la necessità di sgomberare il campo della Foce, ma esistevano soluzioni migliori».
Ne sono convinti sia Attilio Barbetti, sia Olga Camoleda, entrambi residenti in via Torricelli: «Siamo incavolati neri, abbiamo pagato un sacco di soldi per venire ad abitare qui e ora ci mettono gli zingari che faranno il bello e il cattivo tempo». Loro, i nomadi, giurano che «i genovesi non devono allarmarsi», ma non tutti sono disposti ad accettare il diktat del Comune. «Noi da qui non ce ne andiamo», minacciavano ieri, mentre le ruspe buttavano giù le prime baracche. Mentre Pasquale Ottonello, presidente del parlamentino Medio Levante, ai più esagitati ricordava: «Se non lasciate il campo entro la settimana, rischiate di perdere anche le case del Comune».
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