Servi qui, carogne là e nel mezzo i vigliacchi. Se vuoi semplificare il panorama italiano poi finisci così. La servitù è l’unica categoria interpretativa usata per giudicare il berlusconismo. Non si fanno analisi, non si notano differenze, non si valuta nel merito ma a priori e in mucchio. È solo questione di servitù. La plebe avrebbe seguito Berlusconi perché volgare, immorale, disonesta e vota con la pancia. Salvo redimersi votando con la pancia in direzione opposta. E invece chi scrive, parla, pensa (o meglio dice di pensare) nel versante berlusconiano lo fa solo perché asservito e pagato. Per sancire lo spartiacque tra liberi e servi si pubblicano e si ripubblicano opere sulla servitù, da Milton a Stuart Mill e a De la Boétie, per non dire di intere collane dedicate ai servi cortigiani e ai liberi indignati. Accanimento cresciuto da quando Giuliano Ferrara ha lanciato i liberi servi, che a sinistra traducono in servi volontari. Non entro nel gioco inverso accusando d i servilismo chi s i accoda alla propaganda antiberlusconiana e si allinea a l potere culturale. M i limito solo a dire che se quattro voci dicono l a stessa cosa e una l e contraddice, il conformismo riguarda i quattro e non il singolo. E il rapporto tra propagandisti anti-berlusconiani e filo-berlusconiani è quello: 4 contro 1.
Ma vorrei entrare nella categoria di servitù con spirito d'indagine e non d i fazione, per tentare una fenomenologia della servitù vera e presunta. Sotto l’accusa di servitù c’è una tipologia molto differenziata. C’è chi è animato da forte spirito di appartenenza e radicalizza il «noi e loro»; ma non è un servo, semmai u n militante. C’è chi è spinto dal culto del Capo, per indole monarchica o predilezione decisionista, una tendenza diffusa nei Paesi latini; egli non è u n servo m a u n seguace, a l più bisognoso di figure paterne. E così chi riversa nel legame politico qualcosa che somiglia alla devozione, patriottica o religiosa, o perfino all’antagonismo sportivo. Sarà tifoso, sarà devoto, ma non servo. C’è poi chi liberamente e criticamente paragona il leader a i suoi rivali e preferisce lui a loro.
Costui può esprimere giudizi giusti o sbagliati, m a è tutt’altro che un servo. C’è invece chi instaura col leader u n rapporto d i prestazione professionale: tu mi paghi o m i gratifichi e i o ti sostengo apertamente. Costui più si avvicina alla tipologia del servo professionale; perché i l suo può essere, sì, un rapporto formalmente corretto e alla luce del sole, però non trattandosi di barbe e capelli ma di libere opinioni non può trincerarsi dietro la logica del «cliente ha sempre ragione, mi pagano e io do quel che vogliono». Al più, h a un’idea avvocatizia della politica. C’è il girone endemico degli opportunisti, antica tara nazionale. C’è poi chi ha l'innata e gratuita tendenza a compiacere il leader, a blandirlo, per indole servile; c’è chi è scioccamente asservito (l’utile idiota) e chi viceversa lo è in malafede (servo infedele), pronto a voltar le spalle e perfino ad accusare di servitù gli altri solo perché non h a avuto quel che voleva o ha cambiato livrea. C’è poi l’orgoglioso che insiste nel difendere il suo leader anche quando questi ha torto o cade nel discredito e d è perdente; vuol dimostrare che lui è leale, non lo serviva quando era potente e lo difende ora che è caduto i n disgrazia. Costui sarà un testardo, un decadente o un uomo d’onore m a non rientra nella categoria del servo. C’è poi chi è vicino al potente non per servirlo ma per consigliarlo. Costui non è servo m a al più badante, e aspira a diventare suggeritore del suo leader. Pecca forse di presunzione o velleità, non di servilismo.
Vi sono poi altre forme di servitù non ad personam ma al partito, al conformismo di setta, di clan o al potere ideologico vigente. Non è servilismo anche questo? C'è poi chi commette crimini peggiori della servitù, come l a negazion e della verità e dei fatti, l a subordinazione del vero a ciò che gli è utile sostenere; usa l'omertà, l'omissione, disconosce meriti e valori per un pregiudizio di setta o di ideologia. Costoro servi non sono, m a spregevoli e nocivi più dei servi. O coloro che bollano gli altri come servi perché non concepiscono diversità di opinioni ma solo di convenienze. A loro si addice un detto di Nietzsche: per i porci tutto sa di porco. Rinfacciano agli altri la propria indole e la propria unità di misura.
C'è un criterio efficace per valutar e il grado di servitù. Provate a separare il soggetto in odore di servitù dal suo vero o presunto padrone e notate se sul piano delle opinioni mantiene le stesse idee oppure no, ovvero se aveva già prima quelle idee e s e l e h a anche dopo. E sul piano personale provate a verificare se, lontano dal potere, cosa rimane di lui, se conserva il suo prestigio, la sua credibilità.
Guardate infine alla sua biografia, se è stato sempre dalla parte del potere o se magari per lungo tempo ha scelto scomode opposizioni, da emarginato senza padroni. Così si misura la sua indipendenza dal potere o il suo tasso di servitù.
Insomma, evitate processi sommari, condanne etniche, riduzioni del nemico a razza servile.
Altrimenti dovremo concludere come abbiamo cominciato: a destra i servi, a sinistra le carogne e nel mezzo i vigliacchi.
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