«Sesto, da città operaia a città del futuro»

Renzo Piano ha presentato a Napolitano il progetto di riqualificazione dell’ex Falck

Edifici che fluttuano a dodici metri di altezza, sopra un tappeto vegetale. Case «alte» rivestite di ceramica smaltata e colorata. Valorizzazione di un territorio, in quel di Sesto San Giovanni, che è parte della storia di Milano: l’ex area Falck ovvero il perno della vita collettiva di una città che si riconosceva nel lavoro delle sue fabbriche.
«Sesto da città operaia a città del futuro» chiosa appunto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Annotazione al termine della visita all’interno delle ex Falck, dove l’architetto Renzo Piano ha presentato al Capo dello Stato il suo progetto di riqualificazione delle aree dismesse. «Progetto di trasformazione e, allo stesso tempo, di valorizzazione della storia di Sesto che è storia, grande storia operaia, democratica e che, oggi, può rivivere e vivere». Grande opera architettonica che, commenta Napolitano, «è uno dei segni del dinamismo e dell’innovazione che Milano e la Lombardia stanno conoscendo». Ma, avverte il presidente della Repubblica, «qui, a Sesto, c’è qualcosa di particolare: un grande progetto di straordinaria modernità, un cantiere che già comincia a sorgere dentro le strutture delle antiche fabbriche».
Già, non archeologia industriale fine a se stessa bensì - come rimarca l’architetto Piano - il passaggio da «città di fabbriche a fabbrica di idee»: «Sesto ne porta i segni nell’urbanistica dei luoghi ma anche nella sua cultura e nella dignità dei suoi cittadini. Mi piacerebbe restasse fabbrica, fabbrica di idee. Vedo dei centri di ricerca, vedo delle università, vedo dei giovani al lavoro e un vivaio di imprese, in un contesto di nuovi mestieri». Certo, continua Piano: «Ci saranno negozi, certo ci saranno residenze, uffici, luoghi di scambio e di cultura e un grande parco, secondo l’unico modello di città che ci appartiene: quello della città che mescola mille attività rendendola viva. Ma la vera anima, lo ripeto, deve continuare a essere quella della fabbrica».
Certezza di un intervento urbanistico che, parola del presidente di Risanamento Luigi Zunino, ha come «obiettivo la realizzazione di un insediamento di eccellenza, fatto di residenze, uffici, spazi per la produzione, laboratori di ricerca, commercio, alberghi e funzioni pubbliche». Spazio strategico - di un milione e trecentomila metri quadri, di cui 587mila per edilizia residenziale e 730mila di aree a verde e spazi aperti - interpretato, garantisce l’imprenditore Zunino, per meglio ottenere «un armonioso equilibro tra rovine industriali e avveniristiche torri sospese sul verde».
«Progetto fantastico» riassume l’assessore all’Urbanistica di Milano, Carlo Masseroli: «Finalmente Piano lascia il suo segno su Milano. Il pragmatismo della Milano di Albertini e poi di Moratti ha fatto breccia in un’area in cui è storicamente radicata la cultura di sinistra. Passo avanti, sfida del piano di governo del territorio che, adesso, i cittadini ci chiedono: riconoscere Milano come città regione e provare, quindi, a concepire lo sviluppo di tutta quest’area vasta in modo condiviso all’origine».
Nota d’inizio per un’avventura che può partire oltre il muro della Falck, dove i luoghi della memoria industriale continueranno a vivere e con funzioni «utili»: lì sorgerà un museo d’arte contemporanea e un istituto universitario ma anche un vivaio d’impresa. E un grande parco, «il verde invade nuovo e vecchio, si costruiscono i ponti tra la città esistente e l’area industriale, al di sopra e al di sotto del fiume di binari della ferrovia» spiega Piano a Napolitano.

Un parco, «anche più grande di quel che si potesse immaginare», dove di tanto in tanto «riaffiorano i frammenti della fabbrica, memoria viva e nobile di un fortissimo passato». Cifra di un intero progetto che non sarà una città fortezza ma «una città che dialoga». E non è solo architettura.

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