Sevizie a down in video, due inchieste

da Milano

Sono due le inchieste aperte dopo la denuncia dell’Associazione Vividown riguardante i video che riprendono un ragazzo handicappato deriso, insultato e picchiato dai suoi compagni di classe e che, fino a qualche giorno fa, erano visibili sul portale di Google. Bastava entare nel sito «www. video. google. it» e cliccare sul titolo «video divertenti»: ecco apparire una classe di una scuola superiore italiana, con studenti di diciassette, diciotto anni. A un certo punto viene fatto entrare un ragazzo down, viene condotto al centro della classe, messo di spalle per mostrare il sedere, i pantaloni sporchi: «Dio p..., come è sporco, si è cag... addosso», dicono i compagni. Poi, un ragazzo magrolino, gel nei capelli, gli dà una sberla sulla pancia, quindi una spinta e un colpo in faccia. Le sevizie durano qualche minuto, forse riprese con un telefonino.
Ora, il pm milanese Francesco Cajani, esperto in reati informatici, ha aperto una inchiesta, a carico di ignoti, con l'ipotesi di diffamazione aggravata. La Procura sta valutando le eventuali iscrizioni nel registro degli indagati anche in base a una sentenza del tribunale di Aosta secondo la quale sono responsabili di diffamazione anche coloro che gestiscono il sito internet su cui i contenuti denigratori vengono pubblicati. Naturalmente, non appena sarà individuato dagli investigatori chi ha «caricato» i filmati sul sito di Google, l’iscrizione nel registro sarà automatica. A Roma, invece, si procede sull’ipotesi di violenza privata, anche in questo caso a carico di ignoti. La polizia conta di riuscire a individuare nel giro di pochi giorni, se non di ore, chi abbia messo on line quelle immagini ma soprattutto chi siano i protagonisti delle orribili sequenze.
Non è tutto: presto protrebbe essere emesso un decreto di sequestro delle registrazioni su tutto il territorio nazionale.

Sarebbero migliaia, infatti, le persone che l’avrebbero scaricato dai server di Google. Il ministero dell'Istruzione ha già avviato la procedura per costituirsi parte civile nei confronti dei responsabili della violenza.

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