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Sfregiata la lapide di Aldo Moro

Scritta anti Bush sulla targa in onore della scorta dello statista. Unanime la condanna politica

da Roma

Via Fani è una tranquilla strada del quartiere Trionfale a Roma. Il 16 marzo del 1978 un commando delle Br vi sequestrò il presidente della Dc, Aldo Moro, uccidendo i cinque agenti della scorta.
Sabato notte qualcuno, non potendo oltraggiare la lapide di via Caetani perché sorvegliata, ha preferito sporcare quella di via Fani, dedicata ai cinque caduti, scrivendo «Bush come Moro» con vernice spray rossa. La visita del presidente americano nella Capitale è stata l’alibi. Ieri mattina un cittadino ha notato lo scempio, ha avvertito la Polizia e alle 7.40 l’ufficio Decoro urbano del Comune aveva già ripulito il vetro. Ma la notizia è trapelata lo stesso.
Dopo le manifestazioni pro-brigatisti a L’Aquila, dopo le scritte anti-Bagnasco e anti-Biagi e dopo le minacce via mail al discepolo del giuslavorista Michele Tiraboschi, un altro rigurgito terrorista ha riportato indietro il Paese agli «anni di piombo». Determinando la condanna unanime del mondo politico. «Indignazione per le vili espressioni di faziosità e violenza», ha manifestato il presidente della Repubblica Napolitano. Il presidente del Senato, Franco Marini, ha denunciato pure «la minaccia al presidente della nazione americana alleata insostituibile per il nostro Paese». Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha stigmatizzato «l’insopportabile dose di ignoranza». «Una profanazione che dimostra miseria morale», ha commentato il premier Prodi.
Ma se il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, pochi giorni fa ha definito Bush «un guerrafondaio» salvo dire dell’episodio di Via Fani che «la madre dei cretini è sempre incinta». Se lo stesso Bertinotti ha dubitato dell’opportunità di stringergli la mano. Allora il ripetersi di questi fenomeni suscita legittimi interrogativi. Nonostante il segretario Ds Fassino si sia affrettato a parlare di «profanazione vergognosa» e la sinistra radicale abbia preso le distanze.
A queste domande qualcuno ha risposto. «C’è in giro una grande quantità di estremismo sociale e culturale», ha detto Fabrizio Cicchitto (Fi). Andrea Ronchi, portavoce di An, ha deposto un mazzo di fiori in Via Fani. Come pure il presidente Cossiga («Prodi avrebbe fatto meglio a tacere») e l’azzurro Giro. «È il frutto di una campagna di odio - dice Ronchi - e da tempo sto chiedendo ad Amato la chiusura dei centri sociali da dove provengono questi facinorosi». Gli fa eco il leghista Calderoli: «Chi semina vento raccoglie tempesta».

E così pure gli ex dc (da Casini a Mastella a Castagnetti) accorsi in difesa del loro martire.
Dietro quel vetro di Via Fani restano i volti di cinque uomini che allo Stato hanno dato la vita: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino.

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