di Stefano Colli Lanzi*
Gli intenti della riforma del lavoro, in larga parte condivisibili, erano numerosi e certamente avrebbero potuto produrre risultati molto significativi. Riepiloghiamoli, per meglio comprenderne il valore e provare a giudicarne l'attuale grado di attuazione.
Il primo intento introdotto nella elaborazione della riforma era la fine dellinamovibilità del posto di lavoro, perseguita proprio allo scopo di conferire centralità al contratto a tempo indeterminato e ridurre il dualismo tra chi è «dentro» e chi è «fuori» dal mercato. Il secondo presupposto consisteva nella creazione di un sistema di ammortizzatori sociali universali, rassicurante ma allo stesso tempo in grado di innescare una maggiore responsabilizzazione di persone e aziende. In questa direzione andava lintenzione di passare da un sistema di sostegno alloccupazione basato su politiche esclusivamente passive ad uno capace di sviluppare anche politiche attive, per ottenere una decisa - e decisiva - crescita dellemployability delle persone. Altra intenzione più volte richiamata dal Governo era quella di incentivare lingresso dei giovani nel mondo del lavoro e la loro formazione soprattutto attraverso la leva dellapprendistato. Si era deciso inoltre di «arginare» le forme di cattiva flessibilità utilizzate impropriamente per abbattere le retribuzioni, le imposte e i contributi e di premiare le forme di buona flessibilità, in particolare quelle in grado di coniugare la sicurezza delle tutele per le persone con unadeguata flessibilità per le aziende. In questo senso si era dichiarato di voler riconoscere definitivamente il ruolo della Agenzie per il lavoro quali soggetti «portanti» di un mercato moderno, più efficace - perché orientato alla flexicurity - e più efficiente.
Lattuale riforma rischia purtroppo di tradire molti di questi punti, sacrificandoli sullaltare di una concertazione interpretata da Parti Sociali più abbarbicate alle proprie bandiere che disponibili a comprendere le vere esigenze del Paese. Sul fronte della flessibilità in uscita, infatti, vengono compiuti passi avanti, ma non si ha il coraggio di dare certezza al Sistema, reintroducendo invece la reintegrazione nel caso di licenziamenti per motivi economici. Il sistema degli ammortizzatori previsto ha in effetti il pregio di essere universale e sostitutivo dei vari, e spesso scoordinati, «spezzoni» precedentemente in uso, ma non inserisce alcun elemento di vera responsabilizzazione alla ricerca di un nuovo lavoro da parte del percettore. Le politiche attive appaiono nominalmente, con una mera indicazione di principio, senza che vi sia alcun collegamento a obblighi o incentivi a tale riguardo. Lapprendistato viene riconosciuto come lo strumento fondamentale per linserimento dei giovani, ma nella pratica lo si limita ulteriormente e non ci si accorge - se non in extremis - del rischio che, a partire dal 25 aprile, potesse divenire addirittura inutilizzabile a causa dei contratti collettivi che, in molti casi, non lhanno ancora disciplinato. Le forme spurie di flessibilità risultano effettivamente «arginate» ogni qualvolta se ne individui un abuso, tuttavia rimangono irrisolti alcuni nodi relativi agli appalti impropri e ai lavori svolti attraverso le cooperative. Il rischio maggiore è che proprio su questo punto si concentri la reazione di chi si sente «menomato» da un sistema di flessibilità in uscita più incerto. Le forme buone di flessibilità vengono tutte penalizzate in egual misura. Si perde ancora una volta unoccasione storica, quella cioè di indirizzare persone e imprese verso un sistema di flexicurity che - solo per fare un esempio - limpiego del contratto di somministrazione in alternativa al contratto a tempo determinato direttamente stipulato con lazienda potrebbe migliorare.
Delle Agenzie per il lavoro non si parla, se non per limitarne alcuni ambiti di intervento. A monte di ciò non si riconosce alle Agenzie il ruolo che svolgono, vale a dire quello di infrastruttura competente in grado di garantire alle imprese adeguata flessibilità e ai lavoratori un alto livello di sicurezza, attraverso la parità retributiva e contributiva, la formazione svolta grazie a Formatemp, il candidate management - gestibile in particolare attraverso forme quali lo staff leasing e lapprendistato in somministrazione - o il placement continuativo, che viene svolto sia per le persone già prese in carico che per quelle in difficoltà nel trovare un nuovo posto di lavoro.
In questi giorni ci troviamo di fronte ad un bivio: il Parlamento può assecondare unulteriore riduzione rispetto ai presupposti della riforma, alimentando così una pericolosa disillusione in chi si attendeva cambiamenti quanto mai necessari.
* Ad Gi Group e presidente Gi Group Academy www.scolliniamo.it @collilanzi
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