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Sharon: «Costruiremo ancora in Cisgiordania»

Previste nuove abitazioni nelle due maggiori colonie. Nel dibattito al Parlamento durissimo attacco dei partiti della destra al premier

da Gerusalemme

Completato lo sgombero delle colonie da Gaza, le forze israeliane si apprestano oggi ad evacuare gli ultimi due insediamenti ancora occupati in Cisgiordania. Sono quelli di Sa-Nur e di Homesh (le altre due colonie, Kadim e Ganim, sono già state abbandonate dai loro abitanti).
Come già a Gaza, anche in Cisgiordania l’esercito israeliano si troverà di fronte a una dura resistenza da parte dei coloni. Per completare lo sgombero dei due insediamenti il primo ministro Ariel Sharon ha inviato 5.000 soldati. A preoccupare le autorità ebraiche sono i circa duemila giovani ultranazionalisti arrivati illegalmente nelle colonie, decisi a contrastare duramente le operazioni di sgombero. Secondo le forze di sicurezza, gli estremisti disporrebbero anche di armi, bombe assordanti e gas lacrimogeni, e sarebbero intenzionati a usarli. I soldati che ieri hanno sgomberato le due colonie di Kadim e Ganim sono stati accolti con lanci di pietre.
Il premier Ariel Sharon ha però ribadito ieri che Israele continuerà a costruire in Cisgiordania e che non si impegnerà in altri ritiri della portata di quelli di questi giorni. «Vi saranno altre costruzioni nei blocchi degli insediamenti», ha detto Sharon al Jerusalem Post, riferendosi alle due maggiori colonie della Cisgiordania, Maaleh Adumim, alle porte di Gerusalemme, e Ariel, non lontano da Tel Aviv, malgrado la Road map imponga il congelamento delle nuove costruzioni nelle colonie.
«Il blocco di Ariel resterà per sempre parte integrante di Israele, collegata territorialmente a Israele», scrive il quotidiano citando il primo ministro. Quanto a Maaleh Adunin, «continuerà a crescere e sarà collegato a Gerusalemme», e, ha aggiunto Sharon, «il blocco di Ariel rimarrà per sempre parte di Israele».
Secondo Sharon, quando il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha detto: «Gaza va bene, ma non basta», ha voluto «esprimere la speranza, che noi condividiamo, che all’indomani del disimpegno continui lo slancio e vengano create condizioni per nuovi progressi in base alla Road Map». A suo avviso, la Rice ha chiarito che il prossimo passo tocca all’Autorità nazionale palestinese, e sarà lo smantellamento delle organizzazioni terroristiche, specialmente Hamas. Sarà impossibile procedere con la Road map se i palestinesi non rispetteranno questi impegni, ha sottolineato il primo ministro israeliano.
Ieri Sharon ha anche aggiornato la commissione per gli Affari esteri e la Difesa della Knesset (Parlamento) sul piano di ritiro in corso. Com’era da aspettarsi, il premier è stato attaccato con violenza dai deputati dei partiti di destra. Un deputato del Likud, Uzi Landau, tra i più decisi oppositori del ritiro, ha assalito Sharon affermando: «Hai portato Israele a nuovi vertici di corruzione e non meriti di essere un leader. Sei un imbroglione e un corrotto». L’opposizione di sinistra ha replicato con veemenza alla destra.

Il deputato Yosi Sarid (meretz) ha definito il direttivo del Consiglio rappresentativo degli insediamenti, che ha condotto una lotta a oltranza contro il ritiro, «una banda di criminali che ha costretto tutto il Paese a danzare alla sua musica per 40 anni».

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