Sharon Stone, mamma choc: voleva dare il botulino al figlio

Così avrebbe "curato" il cattivo odore dei piedi

Sharon Stone, mamma choc: 
voleva dare il botulino al figlio

Chissà, forse sarà stata colpa delle onnipresenti scarpe da ginnastica, accessorio indispensabile per qualunque ragazzino degli anni Duemila. Fatto sta che, secondo Sharon Stone, i piedi del figlio maggiore Roan, otto anni, erano davvero troppo maleodoranti. Tanto da indurre l’attrice a ipotizzare una soluzione quanto meno insolita: una iniezione di botox.

Un’idea che è costata alla diva l’accusa di essere «ossessionata dalla salute del figlio», facendole perdere la battaglia legale per ottenerne la custodia. Il piccolo, in base ai precedenti accordi dell’affido congiunto viveva con il padre Phil Bronstein, vicepresidente esecutivo del San Francisco Chronicle. L’attrice però ha fatto ricorso, accusando l’ex marito, dal quale aveva divorziato nel 2004 dopo sei anni di matrimonio, di non curarsi in modo adeguato del bambino che avevano adottato insieme nel 2000, quando aveva poche settimane di vita. E certamente, almeno per quanto riguarda la salute di Roan, i due hanno mostrato un approccio assai diverso. Mentre lei programmava drastiche iniezioni al botulino, Bronstein affrontava il problema con un buon paio di calzini e un efficace deodorante. Ottenendo ottimi risultati. Così il giudice di Los Angeles Anne-Christine Massullo, incaricato di decidere sull’affidamento del piccolo, ha sposato pienamente «l’approccio più semplice» del padre. «La madre reagisce in maniera esagerata di fronte alle questioni di salute che riguardano Roan - si legge nelle motivazioni della sentenza - e sfortunatamente è un problema reale per il bambino».

Ma le ansie materne «eccessive» sarebbero dimostrate anche da altri episodi. Al figlio che si lamentava per un banale mal di schiena - dovuto, a quanto pare, a un problema di stitichezza - la Stone aveva diagnosticato un serissimo problema alla colonna vertebrale anche se «non c’era nessun segno che supportasse questa teoria». Del resto, al giudice «non è sembrato così evidente» nemmeno il fatto che la Stone, madre di altri due figli adottivi, avesse messo da parte la carriera per crescere Roan: la donna, impegnata anche in numerose attività filantropiche, era spesso assente a causa dei frequenti viaggi di lavoro.

Quanto basta, insomma, perché la corte scegliesse di lasciare il bimbo a San Francisco insieme al padre, ritenuto capace di assicurare al figlio un ambiente «più strutturato, stabile e sicuro».


L’attrice ora potrà visitare il bambino periodicamente e dovrà essere consultata su tutto quel che riguarda l’educazione del figlio. In più, il suo numero di telefono sarà memorizzato sul cellulare di Roan, che potrà sentire la madre quando vorrà. Ma a distanza di sicurezza.

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