Ma come si fa a litigare per un premio a Biagi?

Ma come si fa a litigare per un premio a Biagi?

Enzo Biagi dovrà farsene una ragione. Il Comune di Milano gli nega la grande medaglia, detta Ambrogino d’oro. Non è prevista, dal regolamento, nemmeno quella d’argento e di bronzo. Fuori dal podio, dal tabellone dei premiati. Così hanno deciso quelli della maggioranza, si dice così per spiegare le scelte politiche.
Parole e pensieri, ad esempio, del capogruppo di Forza Italia, Gallera Giulio: "Dopo aver onorato la memoria di Biagi con l’iscrizione al Famedio del cimitero monumentale, la sua candidatura alla grande medaglia d’oro non era per rendere un merito alla persona ma per farne uno strumento politico. Noi ci siamo voluti sottrarre a questo gioco". A parte l’uso della lingua italiana risciacquata nel Naviglio, anche in questo caso ci siamo, anzi, si sono fatti riconoscere. Litigano per una medaglia, alla memoria; discutono, alzano la voce, abbandonano l’aula, per un defunto.
Biagi poteva essere discusso, e lo è stato, da vivo, con il solito giochino destra-sinistra, repertorio classico del dibattito (basso) politico nostrano. Del resto meno di trent’anni fa, sotto Tognoli sindaco, era il millenovecentosettantanove, lo stesso ambrogino d’oro venne assegnato al giornalista scrittore, senza scontri, dibattiti, sedute notturne.
Erano altri tempi, si dirà, erano altri Biagi, erano altri politici e politicanti. Venne poi la baruffa, venne la svolta, venne la Bulgaria e venne la polemica cattiva. Venne, aggiungo io, anche una morte, comunque da rispettare, come dicevano i latini. Oggi, allora, che significa litigare, dividersi, a chi serve, a che cosa? Che significa trovare l’accordo e premiare, ad esempio ma è l’esempio giusto, don Antonio Sciortino, padre di tutte le battaglie ideologiche e di propaganda, poco vicine all’ideologia e alla propaganda della maggioranza medesima, illustrate in replica, sul foglio da lui, Sciortino stesso, diretto, intendo "Famiglia Cristiana"? Che significa, sempre seguendo il filo logico, si fa per dire, dei quattro cavalieri, Gallera-Fidanza-Palmeri-Pasquale, del municipio milanese, condividere l’attestato di benemerenza all’associazione islamica di Yhaya Pallavicini, sito di via Meda, dopo essersi battuti e sbattuti di qua e di là su crocefissi e moschee? E a che cosa è servito, infine, battere i pugni sul tavolo per una medaglia alla memoria? Forse sarebbe opportuno un televoto, un esseemmeesse per scegliere il migliore, dopo aver celebrato il naufrago e in attesa della talpa, avanti con la nomination del cittadino più votato dal popolo sovrano, superando le fazioni, le correnti, sottraendosi ai giochi politici e buttandosi sui giochini televisivi.
Forse il sangue di Sant’Ambrogio non ha voglia di sciogliersi ma sta ribollendo. A lui, che aveva messo d’accordo ariani e cattolici, qualcuno, dei quattro cavalieri di cui sopra, dovrebbe spiegare i motivi del contenzioso contemporaneo tra maggioranza e minoranza della stessa città di cui, il nativo di Treviri, è patrono.

Sono sicuro che Aurelio Ambrogio non capirebbe, anzi chiederebbe i danni sia per il diminutivo, sia per la figuraccia nella quale lo hanno coinvolto. Facilissimo immaginare, infine, quale invito in meneghino userebbe per liquidare la vicenda.
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