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Si è fatto capire ma anche amare dallo spogliatoio

Si è fatto capire ma anche amare dallo spogliatoio

Ct non si nasce, si diventa. E adesso che abbiamo sotto gli occhi la prova regina, possiamo scriverlo senza inseguire pregiudizi, come accade alla nostra categoria appena si affaccia all’orizzonte il volto semi-noto di un uomo maturo che non ha da esibire protezioni politiche, non può contare sull’appoggio mediatico, si presenta a mani nude, scortato solo dal proprio temperamento e dal passato, luminoso, di calciatore di talento. È il caso di rammentare questa esperienza, complicata eppure esaltante, della nuova nazionale di calcio e del suo ct Roberto Donadoni, tutte le volte che ci ritroveremo al cospetto di un debuttante. Dentro le viscere dell’Italia mondiale è accaduta una mutazione genetica passata inosservata ai più. Da Berlino in poi, alcuni (Totti e Nesta) si sono arresi per acciacchi effettivi o per mancanza di feeling con il ct, tipo ombroso, incapace di fare lobby con le telefonate, visite sotto casa. Altri han ceduto il passo per palese scadimento (Zaccardo, Grosso, Oddo), altri ancora sono stati rimpiazzati per motivi tattici (De Rossi), nuovi protagonisti (Barzagli, Panucci, Ambrosini, Di Natale) si sono affacciati alla ribalta ripagando la fiducia.

Rispetto alla notte di Berlino, l’Italia di Donadoni ha conservato lo stesso spirito guerriero. Questa è una squadra che non cattura l’occhio ma è in grado di esprimersi con grande personalità e talento, senza scadere negli eccessi di tatticismo o euforia fisica. Può dare battaglia a Dortmund e a Glasgow riducendo al silenzio stadi definiti tabù, piegando le nazionali di casa in modo netto e chiaro, senza arrendersi mai, né durante i supplementari né nel finale a Glasgow. Alla mutazione genetica ha fatto seguito uno speciale rapporto tra Donadoni e il gruppo dei mondialisti. Forse è sufficiente essere stati calciatori di alto rango per entrare in sintonia con lo spogliatoio. Da questa sintonia è nata una intesa mai esibita, secondo lo stile del bergamasco dal sorriso triste: gli azzurri lo hanno seguito, capito, interpretato.

Questo significa che ct non si nasce ma si diventa, grazie a questa razza unica di calciatori, accusati di essere viziati. Abili nel palleggio, capaci di sopportare ogni tipo di pressione (ieri l’altro lo scandalo, oggi le cronache di violenza ordinaria), e pronti a ripetersi dopo il mondiale. Zoff e Gentile, Cabrini e Paolo Rossi, ai tempi di Bearzot, fallirono la missione. Abbiamo davanti un gruppo di uomini veri più che di fuoriclasse (a parte Buffon e Pirlo).

Forse non ci regaleranno l’europeo nella prossima estate ma non ci faranno mai arrossire.

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