«Lungo questa stradina sterrata, quasi ogni notte le cellule clandestine dell'Isis si avvicinano e piazzano delle trappole esplosive» racconta Lorenzo, fiorentino di 32 anni della brigata internazionale dei curdi nel nord est della Siria. Uno dei sei italiani che combattono con le Unità di protezione del popolo (Ypg). Nome di battaglia, Heval Tekosher, il «lottatore», kalashnikov a tracolla, anarchico, combatte da un anno e mezzo contro turchi e bandiere nere.
Altri cinque volontari rientrati in Italia sono finiti nel mirino della Digos. Cosa ne pensi?
«Le misure di sorveglianza speciale per i compagni italiani Paolo, Jack, Eddy, Davide e Jacopo sono profondamente ingiuste. Chi ha imparato a usare le armi contro l'Isis è stato considerato socialmente pericoloso».
Nessuno è venuto in Siria per poi combattere anche in Italia?
«Alcuni di questi compagni non avevano mai imbracciato le armi. In Italia sono legati al movimento No Tav, ma questo non li trasforma in terroristi».
Come è stata la guerra, quasi vinta, contro lo Stato islamico?
«Dura. Un paio di volte sono quasi riusciti ad accerchiarci. Quando iniziano a morirti i tuoi compagni accanto, soprattutto per le mine e cecchini, non lo dimentichi. Adesso molti miliziani stranieri si arrendono, ma spesso si sono fatti saltare in aria quando non avevano vie di scampo».
Vi state preparando allo scontro con i turchi?
«Ad Afrin ho
visto i caccia e i droni turchi fare terra bruciata. Non è importante essere di destra o di sinistra per capire che la Turchia continua ad appoggiare le frange estremiste ed è una minaccia per l'intero Medio Oriente».FBil
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