Gian Marco Chiocci
Luca Rocca
Sanità e scandali con la giunta «sinistra» di Raffaele Lombardo indagato, insieme al fratello parlamentare dell’Mpa, per concorso esterno in associazione mafiosa. Non passa giorno senza che un’imbarazzante novità rovini l’immagine della gestione della sanità siciliana da parte dell’ex pm antimafia Massimo Russo, promosso assessore.
Prima la gara d’appalto da 350mila euro per l’informatizzazione del Pta (presidio territoriale assistenziale) di Giarre, assegnata alla società del marito della senatrice del Pd Anna Finocchiaro, senza gara d’appalto, alla velocità della luce poi sospesa dopo i rilievi degli ispettori dell’Assessorato che ne hanno sancito l’illegittimità parallelamente all’apertura di un’inchiesta alla procura di Catania.
Ora salta fuori l’ennesima magagna, che segue di poco l’incidente di percorso dell’iscrizione di Russo sul registro degli indagati per abuso d’ufficio a margine della nomina di due dirigenti generali esterni all’amministrazione regionale. E di pochissimo l’affondo del deputato del Pdl, Nicolò Cristaldi, che ha ribadito al Giornale quanto raccontato sui rapporti tra l’assessore «antimafia» e Giuseppe Giammarinaro.
L’ex deputato democristiano, indirettamente criticato da Russo a proposito dei sequestri sulle influenze mafiose per le residenze sanitarie di Salemi e Mazara, è al centro delle polemiche sulle presunte pressioni mafiose esercitate sul comune di cui Vittorio Sgarbi è sindaco: «Mi sarebbe piaciuto - dice Cristaldi - se le stesse considerazioni Russo le avesse espresse nelle elezioni comunali del 2009 a Mazara del Vallo, quando coordinava la campagna elettorale accompagnato proprio a coloro che stanno alla base della sua ultima soddisfazione, cioè Giammarinaro e altri tre personaggi coinvolti in inchieste di mafia e poi assolti.
E la cosa suonò strana già allora, posto che fu proprio il pm Russo, negli anni ’90, ad arrestare Giammarinaro e chiederne, senza ottenerla, la condanna per associazione mafiosa». Gli ultimi grattacapi all’assessore, e al suo ufficio, arrivano da un’inchiesta approfondita del periodico S. Inchiesta scaturita dall’allarmata segnalazione dell’«Autorità di vigilanza sui contratti pubblici» a proposito di una gara d’appalto centralizzata bandita dall’Azienda ospedaliera Garibaldi di Catania per stabilire chi rifornirà di prodotti sanitari la Sicilia orientale.
Nella delibera dell’organo collegiale di controllo si parla di mancanza di prezzi a base d’asta, «significativo margine di discrezionalità nella valutazione della qualità», «possibili turbative» tra le imprese, «violazioni» del Codice dei contratti, carenze di «trasparenza», e quant’altro. Non è passata inosservata soprattutto l’anomalia sulla qualità dei prodotti sanitari a livello regionale. Il metodo di valutazione non si sarebbe basato solo sui prezzi, ma anche sulla qualità grazie all’escamotage delle «sottocategorie» che però, secondo la Commissione, avrebbero lasciato un «significativo margine di discrezionalità valutativa» consentendo così di aggiudicare numerosi lotti alla ditta che proponeva prezzi triplicati rispetto ai concorrenti. I criteri per valutare la qualità, insomma, hanno dato spesso soddisfazione alle richieste più esose.
Ben 293 gare per la fornitura di materiale nella Sicilia orientale si sono concluse con l’assegnazione degli appalti alle ditte che chiedevano più soldi. Spesso a vincere, nonostante l’offerta «peggiore» sui prezzi, è stata la multinazionale americana Johnson & Johnson, proprio grazie a questo giudizio sul criterio di qualità.
Alla Johnson & Johnson ha lavorato Salvo Riolo, incaricato da Russo - scrive la rivista S - per l’analisi dei prezzi delle gare. «Nessuna connessione fra il mio operato e i successivi risultati di gara (…), per la prima volta - afferma Riolo - è avvenuto un reale risparmio per la Regione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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