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Sicurezza in città, Storace parte dalla Case rosse

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La prima visita l’ha fatta, ieri mattina, a Marassi, per incontrare gli agenti della polizia penitenziaria e ascoltare dalla loro viva voce i problemi che incontrano, tutti i giorni, nell’«inferno» delle carceri più affollate d’Italia: Francesco Storace, leader della Destra che si è staccata da Alleanza nazionale per «correre da sola, mantenendo intatti - specifica - i valori» delle battaglie pregresse, ha voluto caratterizzare i suoi appuntamenti con i cittadini genovesi innanzi tutto parlando e verificando sul campo i temi della sicurezza.
«Di solito i politici vanno a trovare i detenuti in carcere, noi - sottolinea l’ex ministro della Sanità e presidente della Regione Lazio, al termine della visita - siamo andati a trovare gli agenti di polizia penitenziaria alla Case rosse per manifestare la solidarietà per il lavoro duro a cui vengono assoggettati».
In precedenza, Storace, sempre accompagnato dal consigliere comunale Gianni Bernabò Brea e da Massimo Spinaci, aveva già incontrato le Rappresentanze sindacali unitarie dell’ospedale del Santa Corona di Pietra Ligure, in stato di agitazione per la deaziendalizzazione voluta dalla Regione Liguria. Nel pomeriggio, si sviluppa di nuovo il filo conduttore-sicurezza. Storace, in particolare, tiene un comizio in piazza Banchi, nel cuore dei vicoli del centro storico genovese, spesso teatro di episodi di microcriminalità. È la stessa piazza dove gli affiliati ai centri sociali avevano contestato a suo tempo Bernabò Brea, con l’intenzione di impedirgli di prendere la parola. E la contestazione si ripete, da parte di una ventina di giovani. Al grido di «Carlo è vivo e lotta insieme a noi» e «Fascisti carogne», i giovani tentano di confluire in piazza, ma sono respinti dalle forze di polizia che presidiano l’area. Alcuni di loro, però, riescono ad avvicinarsi al palco. Volano spintoni tra i contestatori e i sostenitori di Storace che sbotta: «Questi sono matti». A quel punto arriva Massimiliano Monai, «l’uomo della trave», condannato in primo grado nel processo per devastazione e saccheggio per i fatti del G8 del 2001, ed è invitato ad allontanarsi dalla polizia. Mentre Storace parla dei valori della famiglia, della sicurezza e della lotta contro le droghe, dalle file della contestazione, che si sono ingrossate con l’arrivo di altre decine di giovani dei centri sociali, volano grida: «Assassino», «Genova libera» e «Vai a casa».
Parlando proprio dei fatti del G8, Storace in un passaggio del suo discorso dichiara: «Si voleva mettere una targa a un giovanotto che voleva uccidere un carabiniere, qui si tocca con mano l’illegalità. È una vergogna». I contestatori desistono. E Storace torna a parlare di carceri e detenuti: «A Marassi - insiste - c’è una situazione scandalosa, 600 detenuti che nel turno di notte vengono sorvegliati da 15 agenti. Poliziotti che di mattina sono in 50 e diventano 30 nel pomeriggio. Il cortile dove passeggiano i detenuti nell’ora d’aria è sotto la curva dello stadio, da lì si possono gettare droga, armi e pizzini senza controlli. Una responsabilità gravissima della politica».

Ma la cronaca tragica degli ultimi giorni, con la morte del portuale Fabrizio Cannonero, richiama realtà e responsabilità altrettanto gravi. «Credo che le sanzioni siano giuste - aggiunge il leader della Destra che sarà anche in Liguria capolista al Senato -, perché non si può morire di lavoro».

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