di Fabrizio Rondolino
Ma davvero, come ha detto Bossi domenica anticipando i risultati del referendum, gli italiani non sono andati a votare perché «Berlusconi ha perso la capacità di comunicare in tv»? Più che unanalisi, quello del leader leghista sembra un modo un po spiccio per rifilare al Cavaliere anche questa sconfitta, dopo quella milanese. Ma è anche vero che la domanda resta, se non altro perché Berlusconi è da sempre il Grande comunicatore, e dunque un suo insuccesso chiama in causa anche la comunicazione.
La comunicazione del Cavaliere è stata ed è prevalentemente, e anzi strutturalmente extraverbale. Quando parla, Berlusconi è prolisso, ripetitivo: lo è adesso e lo era diciassette anni fa, e certo la disabitudine al duello e allo scontro dialettico non lha aiutato a migliorare. Ma non è in quei discorsi a metà fra lamministratore delegato e limbonitore alla festa del santo patrono che bisogna cercare il cuore della comunicazione berlusconiana - che dimora invece nei gesti, nel corpo, nella fisicità specialissima di Silvio Berlusconi.
Non si smetterà mai di ironizzare sui tacchi, il cerone o il trapianto di capelli: ma in quellattenzione per sé, comunque la si giudichi e anche quando diventa stucchevole, cè unattenzione estrema per gli altri, per il popolo, per chi ascoltando vede, e deve vedere una persona gradevole, curata, positiva, ottimista. Il corpo di Berlusconi - dalle immagini felici della «Storia italiana» distribuita in milioni di copie a quelle drammatiche del malore di Montecatini - e il volto di Berlusconi - ingentilito dalla calza che velava lobiettivo del primo, storico videomessaggio o sfigurato dal piccolo Duomo di marmo - sono il centro, lo spirito e il motore di una comunicazione che usa le parole come basso continuo o come ritornello per concentrarsi invece sulla seduzione dellimmagine. Anche gli eccessi sessuali di Berlusconi che tanto eccitano i moralisti rientrano nel desiderio di piacere - e di piacere fisicamente.
Nel pieno dello scandalo Watergate, i democratici appesero per le strade dAmerica un torvo ritratto di Nixon accompagnato da queste parole: «Comprereste unauto usata da questuomo?» Oggi, abituati dalle serie televisive di successo a scrutare il linguaggio del corpo, la partita della fiducia si fa più difficile. E forse sta proprio qui la maggior difficoltà di Berlusconi. Laltro giorno, arrivando a Villa Madama dopo il vertice con Bossi e Tremonti, ha risposto (come da copione) che tutto era andato a meraviglia: ma le mani si contorcevano e poi le braccia si allargavano, e lo sguardo sfuggiva verso un angolo dellinquadratura. Il corpo di Berlusconi diceva il contrario esatto delle sue parole.
Più volte, e anche di recente, Berlusconi ha ricordato con commozione la gioia e lottimismo che suo padre portava ogni sera in casa, «come se avesse il sole in tasca». È unespressione molto bella, e molto importante: perché il sole deve esserci per riscaldare e rischiarare, ma deve anche restare nascosto in tasca, per non accecare chi lo guarda. Quando Berlusconi racconta barzellette che non fanno ridere nessuno, è perché ha tirato il sole fuori dalla tasca. Quando si fa riprendere in mezzo ad una piccola folla urlante, davanti a quel Palazzo di Giustizia che gli italiani hanno conosciuto grazie ai tg Mediaset, cessa di essere il leader dei moderati e dei radicali (il suo capolavoro politico) e diventa un qualunque moderato radicale. Quando si autointervista a reti unificate con il simbolo di un partito dietro le spalle - e che importa se è il suo - tradisce simbolicamente i suoi elettori per confondersi con un qualunque capopartito.
Limitarsi ad accusare Berlusconi di estremismo, imputando le sconfitte ai suoi «toni radicali», rischia di mancare clamorosamente il bersaglio. Berlusconi è sempre stato un estremista, ed è per questo che ha vinto: ma un estremista «con il sole in tasca». Che carezzava la Lega xenofoba ma poi accorreva sulle coste pugliesi ad accogliere i migranti. Che inveiva contro le toghe rosse e i comunisti, ma contemporaneamente indicava un orizzonte, un futuro, una prospettiva liberale per il paese. Che irrideva il «teatrino della politica» imponendo come alternativa limprenditore di successo, anziché rincorrere Scilipoti. Che ringhiava quel tanto che basta per eccitare gli ultrà, e poi tornava a sorridere bonario.
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