Cambiano i tempi, cambiano i modi e cambia, ovviamente, il contesto. Ma come s’è visto la sindrome di piazzale Loreto seguita a dominare l’animo di quanti pur dichiarandosi l’élite culturale e politica del Paese non si lasciano sfuggire le occasioni propizie per dar sfogo, manifestandolo animalescamente, all’odio covato. Non ostilità, non antipatia: odio, il desiderare il male, la rovina altrui. La sceneggiata di sabato ha svelato il volto ipocrita della sinistra, che da un lato esalta la mediazione, la misura, l’equilibro dell’inquilino del Quirinale, tempio medesimo della correttezza democratica, e al tempo stesso vi manda in piazza manipoli di esaltati urlanti e sputanti.
Vi manda in piazza, esemplare rappresentante del sentire progressista, un Antonio Di Pietro che marcia seguitando a rivolgere a Silvio Berlusconi il gesto dell’ombrello. Mentre all’intorno si levava il bercio, anch’esso ovviamente destinato al presidente del Consiglio: «Buffone», «Ladro», «In galera», «Mafioso», «Porco». D’accordo, niente cadaveri a testa in giù e limitato lancio di monetine Ma l’essenza è quella, la stessa che ha distinto quasi vent’anni di antiberlusconismo. Il rancore cieco, irrazionale. Lo stesso che eccelle nei gruppi tribali. Non macelleria messicana, come quella di piazzale Loreto, ma macelleria culturale sì. Macelleria democratica, anche.
Questa è dunque la sinistra, questo lo spettacolo che ha offerto. Sarà molto difficile toglierselo dalla mente e il popolo liberale ne porterà il ricordo per un pezzo. Ogni qualvolta la sinistra si presenterà ai cittadini con la pelliccia dell’agnello, i liberali vi vedranno sotto il pelo ruvido della iena. O il piumaggio lurido dell’avvoltoio.
Ci proverà tra non molto, la sinistra, a fare le fusa all’elettorato, perché vada come vada il giro di valzer con Monti, le elezioni sono alle porte. Per stanchezza, per disincanto o per fiducia nell’alternanza avrebbe forse potuto contare su qualche falla nel blocco liberale.
Ma dopo la turpe esibizione di sabato, dopo quella vigliaccata, se lo può scordare. Son cose, quelle, che non si perdonano, che lasciano il segno e che vanno fatte scontare perché non si imponga nel tessuto sociale la barbarie dei sentimenti. Ci vedremo, con quella gente, a Filippi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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