Singolare o plurale, sempre Borboni sono

Caro dottor Granzotto, lei non può sapere quanto le sia fedele come lettore e quanto mi delizino le sue risposte piene di saggezza e d’ironia. La ritengo un autentico «magister historiae» che non solo conosce, ma divulga anche in maniera brillante e accattivante, sfatando i luoghi comuni e smascherando le falsità delle «vulgate». Però mi consenta: Borbone anche al plurale si dice Borbone e non Borboni, come lei ancora una volta ha erroneamente scritto. Del resto lei mai scriverebbe i Savoi per i Savoia, gli Asburghi per gli Asburgo e i Granzotti per i Granzotto. Ne convenga e, se trova tempo, me ne dia soddisfazione.
Gennaro Vitiello - Napoli


Ma dopo quest’incensata come fa uno a confutarla, caro Vitiello? Però, che altro posso fare? Perché è così, e glie ne porterò le prove: non solo Borboni è consentito, ma è financo più corretto - ovviamente quando trattasi di plurale - di Borbone. Fino a qualche tempo addietro non avrei potuto portarle, a suffragio di quanto affermo, le pezze d’appoggio. Ma sarà un anno, un anno e mezzo fa, trovai sul periodico Due Sicilie diretto dall’avvocato Antonio Pagano (che, come già scrissi, per quanto concerne le vicende storiche del Regno rappresenta la Corte di Cassazione), un esauriente trattatello proprio sulla questione Borbone/Borboni. Trattatello subito immesso nel mio Calepino e dal quale ora le traggo gli argomenti a difesa. Partiamo da don Benedetto Croce, fronte al quale è d’obbligo cavarsi il cappello. Nella sua Storia del Regno di Napoli si legge: «L’economia del regno di Napoli sotto i Borboni...». Per non parlare di Harold Hacton, che Borbonice l’ha messo anche nei titoli dei suoi due tomi: The Bourbons of Naples e The last Bourbons of Naples. Nel monumentale e interessante La fine di un Regno, Raffaele de Cesare si riferisce spesso al «regno dei Borboni», così come Luigi Salvatorelli, Nello Rosselli e, me lo stavo dimenticando, Pietro Colletta, autore di quella Storia del Reame di Napoli scritta, per dirla col professor Alfonso Scirocco, «con animo ostile nell’esilio fiorentino». Il quale professor Scirocco, docente di storia del Risorgimento all’Università di Napoli e autore di uno studio proprio sull’argomento, ci ricorda che «la casa di Bourbon, prima feudale, poi regnante, che riceve il titolo dalla regione del Bourbonnais, ha la peculiarità di prendere come plurale Bourbons». Borboni in Italia, Borbones in Ispagna, Bourbons per gl’inglesi e Bourbonen per i tedeschi. Ed è grazie allo studio del professor Scirocco che ora posso calarle, caro Vitiello, il pezzo da novanta: «Le fallaci mire de’ rivoluzionari nel sostituire al ramo primogenito dei Borboni di Francia quello degli Orléans, non ci sono occulte». Borboni di Francia. Chi scriveva? Ferdinando II in persona rivolgendosi al Principe di Butera, suo ambasciatore a Parigi. Ancora e sempre di pugno di Ferdinando II, questa volta rivolto a Luigi Filippo: «Noi non siamo di questo secolo. I Borboni sono vecchi e se volessero calcarsi sul modello delle dinastie nuove, sarebbero ridicoli. Noi faremo come gli Asburgo. Ci tradisca pure la fortuna, ma non ci tradiremo mai da noi» (orgogliosa e nobile affermazione smentita in seguito dai fratelli del Re, Leopoldo e Luigi.

Il primo passato ai Savoia, artefice del tradimento della Marina il secondo).

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