La sinistra moralista è molto selettiva nelle sue indignazioni

Caro Granzotto, non se ne può davvero più, non è possibile che l’attività sessuale di Silvio Berlusconi sia al centro del dibattito politico. Noi elettori ne abbiamo abbastanza. È uno schifo. Questo Paese ha bisogno di riforme, non di verbali sulle dichiarazioni di qualche marocchina. Ma perché questo accanimento giornalistico? E, soprattutto, si poteva in qualche modo evitare?
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C’è ed è evidente, salta addirittura agli occhi, la rabbiosa volontà di far fuori Silvio Berlusconi, «mascariandolo» e delegittimizzandolo, dipingendolo come indegno a governare, come malato, preda di incontenibili pulsioni sessuali e se non proprio pedofilo, tendenzialmente tale. Tutto ciò in nome di un principio etico del tutto nuovo e naturalmente inventato lì per lì non tanto dalla sinistra in genere, ma dal partito di Repubblica: chi ama le donne è inadatto a governare. Bisogna proprio ammettere che il Cavaliere ci mette del suo, per gettare benzina sulle fiamme del moralismo repubblicones. Preso atto dell’andazzo, un po’ più di cura nello scremare i propri ospiti ce la dovrebbe mettere. Resta comunque il fatto che uno a casa propria e purché non commetta reati è libero di fare quello che gli pare e piace. E questo, anche se ciò che gli piace non piace ai repubblicones.
Soffermiamoci su questo punto, caro Minguzzi, e cerchiamo di vederci più chiaro. Dal materiale giornalistico emerso negli ultimi tempi, da quando cioè sputtanopoli raccolse il testimone da tangentopoli, risultano in modo manifesto le scelte di campo sessuale della sinistra da un lato e della destra dall’altro. Quello che bonariamente Umberto Bossi chiama «peccato di pantalone» dando chiaramente a intendere che non è cosa sulla quale farla tanto lunga, resta tale per entrambi gli schieramenti. Ma stando alle risultanze giornalistiche, a quando s’apprende in occasione dei molteplici «scandali» saliti all’onore della cronaca, se il pantalone di destra punta decisamente alla gonnella, quello di sinistra punta altrettanto decisamente al pantalone. Può essere un pantalone travestito - eh, già: travestito - da gonnella, ma pantalone resta nella, diciamo così, sostanza.
Lontano da noi il voler trarre conclusioni su queste preferenze di genere e lontanissima la tentazione di esprimere un giudizio di merito o, figuriamoci, morale. Ma non può sfuggire all’osservatore anche meno attento la sponsorizzazione politica, culturale e sociale della sinistra al legame pantalone-pantalone e, di contro, un manifesto disprezzo, vien voglia di dire disgusto, per quello pantalone-gonnella. Anche se all’occasione utile alla causa, la escort, la scortatrice, gode di poca o punta stima negli ambienti «sinceramente democratici». Al contrario dello scortatore (pur se addobbato da scortatrice) che muove quegli ambienti a sentimenti di fraterna benevolenza; non diremmo di stima anche se spesso manifestata, ma quanto meno di penetrante solidarietà. Se ne deduce, salvognuno, che se per la sinistra c’è colpa e peccato nelle intime relazioni veterosessuali, non ve n’è e anzi c’è poesia, armonia, purezza di cuore e infine innocenza in quelle neosessuali (non che si siano scoperte da poco, non volevo dire questo, ma da poco hanno ottenuto l’omologazione sociale, l’accesso alla Carta dei diritti umani).
Morale? Se il Cavaliere invece di amare le donne e la vita, avesse amato questa e non quelle, distraendosi con dei quelli, il tartufismo «sinceramente democratico» non avrebbe avuto di che metter becco.

Evitando a noi poveri cittadini i tormentoni di Giuseppe D’Avanzo e gli ormai pallosissimi «Vada a casa...» di Pier Luigi Bersani del quale si dice in giro, soprattutto nei bar, che sia il segretario del Partito democratico. Figuriamoci.

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