Adalberto Signore
da Roma
Per risolvere la querelle aperta sabato da Silvio Berlusconi («non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un Paese e farlo uscire da una dittatura», ha detto il premier in unintervista a La7) ci si affida anche alle «prove documentali». Nel caso specifico, pagina 202 del libro scritto da Bruno Vespa nel 2003, Il Cavaliere e il Professore. La scommessa di Berlusconi. Il ritorno di Prodi. Già allora, ricorda il conduttore di Porta a Porta, Berlusconi espresse la sua contrarietà allintervento militare contro Saddam Hussein. «Ho sempre temuto - diceva allepoca il presidente del Consiglio - limpresa militare in Irak. In due successivi colloqui con il presidente Bush ho espresso queste riserve, cercando di convincerlo a non intraprendere lazione militare». E ancora: «A un certo punto, però, ho dovuto prendere atto che la decisione sulla guerra era già stata assunta e non era modificabile. Con realismo politico ho quindi scelto lunico atteggiamento possibile per un alleato leale che deve agli Stati Uniti unassoluta riconoscenza per averci liberato dal fascismo, dal nazismo e dal comunismo e per averci poi aiutato a uscire dalla povertà e a entrare nel benessere con gli aiuti del Piano Marshall». Concludeva Berlusconi: «Tutto questo ha determinato il nostro immediato sostegno politico e linvio delle nostre truppe nellIrak meridionale subito dopo la fine della guerra».
Insomma, stando al libro di Vespa, da parte del presidente del Consiglio non ci sarebbe stato nessun cambio di rotta sullintervento militare. E la pensa così anche lex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, disposto ad aggiungere alle «prove documentali» anche quelle «testimoniali». «Posso testimoniare corrispondere al vero - racconta il senatore a vita - che Berlusconi non era affatto convinto dellintervento unilaterale americano». Daccordo pure Gianfranco Fini, perché «Berlusconi laveva già detto altre volte, anche in Parlamento». E poi, aggiunge il vicepremier, «lo abbiamo dimostrato non partecipando alla guerra contro Saddam e al vertice nelle Azzorre con Bush, Blair e Aznar». «Siamo intervenuti - aggiunge Fini - per accompagnare il processo politico di rinnovamento dellIrak. Un iter che prevede tre tappe di cui resta solo lultima: le elezioni per il Parlamento». Così, si dice «sorpreso» delle reazioni del centrosinistra il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi. Perché - spiega - «non è un mistero che Berlusconi avesse cercato di evitare lintervento anglo-americano, soprattutto rivolgendo un appello allunità e alla compattezza dellEuropa e alla solidarietà fra Europa e Stati Uniti». «Soltanto questa compattezza e solidarietà euroatlantica - conclude Bondi - avrebbero potuto costringere Saddam a disarmare e a collaborare con lOnu».
Di tuttaltro avviso Romano Prodi che invita Berlusconi a trarre «coerentemente le conclusioni» rispetto a quanto detto sullIrak. «Sono rimasto estremamente sorpreso - spiega il leader dellUnione - dalle parole del premier perché da due anni e mezzo ha sempre detto che la democrazia non si esporta con la guerra. E questa affermazione è sempre stata oggetto di ironia». Sulla stessa linea Vannino Chiti, coordinatore delle politiche istituzionali Ds, perché «ricordiamo tutti che quando Francia e Germania cercarono di trovare una posizione unitaria dellEuropa, di cui il presidente della commissione era Prodi, il governo italiano, assieme al governo di destra spagnolo, divise lUe e promosse una lettera di sostegno allazione di Bush». Attacca Franco Monaco, vicecapogruppo della Margherita alla Camera. «Louting di Berlusconi - dice - lascia esterrefatti, rivela la doppiezza di un premier che pensa una cosa e fa il suo opposto». Secondo il suo collega di partito Giuseppe Fioroni, invece, il premier «deve assumersi le sue responsabilità» e, visto che si è «pentito», «venire in Parlamento a dire la verità».
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