Politica

La sinistra si mette già di traverso «Nessun dialogo con chi ha perso»

Rifondazione: «Spetta a noi indicare il capo dello Stato». Pecoraro Scanio: «Niente inciuci». Il comunista Rizzo chiude alle aperture di D’Alema

Emanuela Fontana

da Roma

Prima di governare e prima di insediare le Camere, quando i gruppi parlamentari non sono ancora formati e non ci sono i nomi dei ministri, il nuovo governo deve risolvere un primo dilemma interno, sul quale, al momento, non c’è accordo: l’elezione del capo dello Stato e quindi il ruolo di ricamatore di alleanze trasversali del presidente dei ds Massimo D’Alema. D’Alema ha lanciato la proposta al Corriere della Sera: il dialogo con la futura opposizione inizi proprio dall’accordo sul nome del presidente della Repubblica, ha proposto. E ha ricordato come l'elezione di Carlo Azeglio Ciampi nel ’99 abbia garantito allo stesso Berlusconi un rapporto non di scontro con il Colle.
I primi problemi arrivano immediatamente dall’ala radicale, che al momento non sembra accettare l’«inciucio» sul presidente della Repubblica, che sarebbe poi il primo passo per poter governare, antecedente addirittura l’insediamento del governo dal momento che Ciampi non ha intenzione di dare l’imprimatur agli sgoccioli del mandato. Il capogruppo uscente di Rifondazione alla Camera, Franco Giordano, precisa: «È ovvio che, alla luce dei risultati delle elezioni, spetti all’Unione di indicare una personalità al Quirinale». Questa ipotesi non esclude che intorno a questa figura «si registri un largo consenso», riflette l’esponente di Rifondazione, ma il nome deve sempre partire dalla futura maggioranza.
Anche i Verdi, con il presidente Alfonso Pecoraro Scanio, tendono a non enfatizzare il dialogo: «Innanzitutto dopo la verifica il centrodestra e Berlusconi riconoscano la vittoria del centrosinistra. È evidente che dopo si apra un confronto tra maggioranza e opposizione che può raggiungere, come nel caso delle elezioni del presidente della Repubblica, un accordo ma senza inciuci». Il coordinatore, Paolo Cento, sottolinea che le proposte devono partire dall’Unione anche sul nuovo capo dello Stato: «Trovo giusto dialogare, il centrosinistra non deve stare chiuso nel fortino ma lavorare ad una rosa di nomi da proporre alla Cdl. Mentre per il programma e per il governo, l'Unione ha piena autosufficienza». Non vuole accordi troppo trasversali neanche Marco Rizzo, presidente del Pdci al Parlamento europeo: «Lo abbiamo detto e lo ribadiamo: nessun inciucio», dice in riferimento a qualsiasi possibilità di accordo da «Grosse Koalition all’italiana» e al nuovo percorso di dialogo lanciato da D’Alema sul Corriere.
Secondo Rizzo, non è possibile «aprirsi e valutare eventuali prospettive con chi sino a ieri è stato giustamente indicato, anche simbolicamente, come il simbolo dei disvalori del centrodestra».
Infine Rossodisera, giornale online dell’area dell’ex ds Pietro Folena, ora indipendente di Rifondazione, già ieri dedicava allo spettro dell’inciucio una lunga riflessione antidalemiana (anche se il presidente dei ds non viene citato) dal titolo: «Grosse inciucionen». Nell’editoriale si attaccano soprattutto i riformisti del centrosinistra particolarmente sensibili all’idea del dialogo con la Cdl su vari temi e in questo momento più lontani da Prodi, si commenta, della sinistra radicale: «Basta dare uno sguardo al Riformista di oggi - scrive Rossodisera - per accorgersi che, in certi settori del centrosinistra, l’idea della “grande intesa” lanciata da Berlusconi ha fatto breccia. La Grosse Koalition all’italiana non si farà, questo è chiaro. Non è a ciò che realisticamente certi settori puntano. Persino un “terzista” come Galli Della Loggia parla sì di riunificare il Paese, ma sotto la “piena leadership” di chi ha vinto, cioè Romano Prodi e l’Unione». Si avanza però un dubbio che il dibattito di ieri sull’intervista di D’Alema pare abbia confermato: «Quello però che serpeggia è l’incubo di un Grosse Inciucionen - si legge nel giornale online di area foleniana - in cui c’è già chi offre al perdente la presidenza di una Camera. E che potrebbe continuare su altri terreni, a partire dalla Rai e dalle riforme istituzionali. È un disegno - si riflette - che in Romano Prodi e nella sinistra radicale trova un ostacolo insormontabile. Non è un caso che oggi i migliori alleati del Professore stiano soprattutto fuori dall’Ulivo, mentre da settori “riformisti” si avanzino profferte al centrodestra o clausole di salvaguardia come quella di Fassino (“i presidenti della Camere saranno dell’Unione a meno che...”).

Non è azzardato prevedere che sarà così anche nel prossimo futuro», conclude Rossodisera.

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