Siria, l’esercito si ribella Diserzione contro Assad

Hanno organizzato un’armata in un campo nella vicina. Turchia Primo attacco alla sede dei servizi segreti. Altolà della Lega araba

Siria, l’esercito si ribella  Diserzione contro Assad

«La morsa sul regime di Assad si sta chiudendo», ha detto il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé. Ieri, i vicini di Damasco - i ministri dei Paesi arabi e della Turchia - si sono ritrovati a Rabat, in Marocco, per una riunione in cui è stata formalizzata la sospensione della Siria dalla Lega araba e imposto un ultimatum: tre giorni per cessare le violenze e sanzioni economiche se non si metterà fine al bagno di sangue. L’incontro è l’ennesimo segnale del crescente isolamento regionale e internazionale del regime di Bahar El Assad, bloccato da mesi in una sanguinosa repressione delle opposizioni popolari che si sta trasformando in guerra intestina. Ieri, mentre ministri arabi e turchi erano riuniti attorno a un tavolo, un gruppo di disertori dell’esercito siriano ha attaccato una base dell’intelligence dell’aeronautica a Harasta, nei pressi di Damasco, apparentemente per liberare i prigionieri politici al suo interno. L’assalto, condotto da uomini armati muniti anche di razzi, è la prima vera azione militare dell’opposizione al regime di Assad e preoccupa la comunità internazionale. Gli scontri tra forze dell’opposizione e lealisti sono in aumento. Ieri sarebbero morte 30 persone nel Paese, militari di leva e dissidenti, a Damasco, Homs e Hama, nell’Ovest. I numeri sono difficili da verificare perché ai giornalisti stranieri è vietato l’ingresso nel Paese.

Un ulteriore segnale della crescente militarizzazione della rivolta siriana arriva dall’annuncio della formazione di un consiglio militare dell’Esercito Libero, un gruppo di militari disertori che secondo alcune fonti conterebbe addirittura 15mila soldati. Il nuovo consiglio sarebbe guidato dall’ex colonnello dell’esercito Riadh Al Asaad e avrebbe sede in un campo militare nel Sud della Turchia. Il vicino turco, l’ex alleato e amico di Bashar Al Assad, ha mostrato più di una volta nei mesi scorsi di aver perso la pazienza nei confronti di Damasco. La Turchia, che condivide con la Siria 800 chilometri di confine, non offre soltanto una base sicura ai disertori. A ottobre, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu ha incontrato il Consiglio nazionale siriano, formato da membri dell’opposizione poche settimane prima proprio a Istanbul. Martedì, Ankara si è attirata le lodi di Washington per aver minacciato la Siria di interrompere il rifornimento di energia elettrica al Paese se il regime non fermerà le violenze.

«L’Amministrazione siriana corre sul filo del rasoio», ha detto il premier Recep Tayyip Erdogan. E anche ieri, la voce più dura è stata quella turca. La Lega araba e la Turchia hanno detto di essere contrarie a un intervento militare in Siria, hanno parlato della necessità di misure urgenti contro la violenza, senza spingersi però a chiedere le dimissioni del raìs Assad, al potere da undici anni. Il ministro turco Davutoglu ha ricordato a Damasco che il costo di non rispettare le promesse fatte alla Lega è «l’isolamento nel mondo arabo».

E i segni dell’isolamento, «la morsa» che si stringe di cui ha parlato Juppé, aumentano. Nel week end, la Lega araba - con la cacciata di Damasco dal tavolo dei 22 Stati membri - ha preso una delle sue decisioni più dure degli ultimi decenni dopo il voto in favore di una no fly zone sulla Libia in primavera. Pochi giorni fa, il re giordano Abdullah II è stato il primo leader arabo a suggerire ad Assad di andarsene: «Se fossi nella sua posizione mi dimetterei», ha detto alla Bbc. Lunedì, l’Unione europea ha esteso le sanzioni ad altri 18 individui siriani legati alle repressioni di questi mesi. Dopo gli Stati Uniti, anche la Francia ha richiamato in patria il suo ambasciatore in seguito all’attacco, sabato, alle sue sedi diplomatiche di Latakia e Aleppo.

E anche se martedì le autorità siriane avevano promesso che non ci sarebbero stati più attacchi alle ambasciate, ieri la sede diplomatica del Marocco, Paese che ha ospitato il summit tra arabi e turchi, è stata assalita da un centinaio di

persone. Anche le ambasciate di Qatar ed Emirati a Damasco sono state attaccate da sostenitori del regime. I ministri dei Paesi del Golfo sono stati i più insistenti nel chiedere la sospensione della Siria dalla Lega araba.

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