«La Sistina dei poveri» Gli ex voto raccontano le difficoltà del popolo

In via Kramer 5 un centinaio di tavolette votive dal ’400 a oggi

Sono di legno, di tela, di latta, a volte di carta. Sono di piccole, medie e grandi dimensioni. Alcuni possiedono colori vivaci e naif, altri tonalità raffinate. Tutti sono il simbolo di una grazia ricevuta, il dono «secondo la promessa fatta»: questo è infatti il significato letterale del latino «ex voto suscepto». Più comunemente: ex voto. Testimoni della devozione dei fedeli nei secoli ma snobbati a lungo dalla storia dell’arte, gli ex voto hanno trovato un estimatore d’eccezione nel grande critico Federico Zeri che definì queste opere «la Cappella Sistina dei poveri».
Sul finir del Quattrocento, ai santuari e alle cappelle delle chiese italiane furono posti i primi cancelli che precludevano l’accesso a chi non apparteneva alle classi gentilizie. Solo una sparuta élite poteva dunque godere (e capire) la raffinata arte rinascimentale stile Cappella Sistina; agli altri rimaneva quell’espressione popolare che, nutrendosi della fede della gente semplice, riproponeva su tavolette la vita quotidiana dell’epoca.
Alla definizione di Zeri si richiama pertanto il titolo della mostra che il museo dei Beni culturali Cappuccini dedica agli ex voto: «La Cappella Sistina dei poveri. Le tavolette votive della collezione San Lorenzo» (da giovedì sino al 29 gennaio, via Kramer 5, ingresso libero): in mostra, un centinaio di ex voto realizzati dal Quattrocento sino a oggi, tra cui spicca una tavola votiva attribuita di recente a Nobile di Francesco da Lucca e risalente al primo decennio del Cinquecento.
Le opere appartengono alla collezione San Lorenzo di proprietà di Ezio Ranaldi, che insieme a Luca Temolo Dall’Igna ha curato la mostra. Ranaldi, di casa ad Assisi e appassionato di arte sacra, ha acquisito questa collezione negli anni Sessanta: oggi possiede settecento pezzi cui sogna di poter dedicare un museo.
Nel frattempo, l’esposizione milanese è un’interessante occasione per accostarsi a una forma d’arte quasi dimenticata, fatta eccezione per la Madonna dell’Arco di Napoli che ancora oggi, il lunedì di Pasqua, raccoglie dai fedeli le tradizionali tavolette dipinte. «A Milano non esistono più gli ex voto nelle chiese - spiega il critico Luca Temolo Dall’Igna -: è rimasto qualcosa solo a Cremona e a Casalmaggiore, al santuario della Madonna della Fontana».
Con un percorso cronologico che parte dal Rinascimento e arriva al Novecento, l’esposizione dimostra come gli ex voto di un tempo (che chiedevano un buon raccolto o la guarigione delle mucche) non siano, nella sostanza, così diversi da quelli moderni, come la tavola che rappresenta San Francesco e la Madonna che traggono in salvo un carpentiere mentre precipita dall’ascensore. Ex voto per preservare la salute, il lavoro, gli affetti sono ricorrenti nei secoli. A cambiare sono le situazioni: dove c’era la fatica nei campi, subentra quella in fabbrica o in guerra. Bersaglieri con il fez rosso, alpini accovacciati sui monti, soldati in trincea: l’ex voto illustra la vita della gente comune che nei momenti di difficoltà si affida alla preghiera.

Questa espressione artistica popolare - tanto simile agli antichi doni offerti nei templi alle divinità pagane - affascinò anche il dotto Raffaello che realizzò quel raffinato ex voto che oggi prende il nome di «Madonna di Foligno».

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