nostro inviato ad Åre
«No race today», nessuna gara oggi in Svezia, cioè ieri per chi legge, e molto probabilmente nemmeno stamane e addirittura pure domani, in un campionato del mondo di sci mandato in tilt dal troppo vento che piega pali e protezioni. Ad Åre (si legge, più o meno, Oorè) il programma iridato prevedeva ieri il via con il superG uomini, bissato 24 ore dopo da quello donne, per lasciare poi spazio a quattro giorni di prove per le discese.
Nulla di tutto questo. La gara maschile slitta a domani e quella femminile resta fissata per oggi, ma unesperta della locale stazione meteo, giocando in sala stampa con le cartine e le previsioni, ha spiegato che è tutta una lotteria. Anche perché una pista va pulita e non è come spazzolare un cappotto.
È un problema di venti: adesso ne spira uno da est; se perderà intensità - come ipotizzato - forse le supergigantiste gareggeranno, altrimenti si passerà a martedì. Qui, a metà della Svezia, per come è modellata la regione, è come essere in una galleria del vento posizionata su un asse est-ovest e per domani si attende una nevicata che non lascia speranze. Per martedì prevista invece aria secca e gelida, almeno -10° a bassa quota fino a -20° in alto. Conseguenza pratica: entrambi i superG dovrebbero essere corsi tra 48 ore.
La situazione intanto ricorda Morioka in Giappone, quando nel 1993 il maltempo sconvolse il calendario e il supergigante uomini non venne mai disputato. Una consolazione: le piste qui in Svezia sono vere, ben lontane dai ghirigori collinosi di laggiù. Bisogna però poterle sciare in sicurezza.
Il mondiale torna sui 1.420 metri dellieri ad Åreskutan (letteralmente la «chiglia di Åre», perché la vetta ricorda una chiglia capovolta), 53 anni dopo unedizione amara per lo sci azzurro. Nessuna medaglia allora. Certo, era uno sci più serio e a nessuno era venuto in mente di inventare gare ai limiti del folcloristico. Si gareggiava in discesa, gigante e slalom. E basta. Doveva essere lultima passerella di Zeno Colò, iridato in discesa e gigante ad Aspen nel 50 e olimpionico in discesa nel 52 a Oslo. Labetonese, quando ancora dominava lipocrisia del dilettantismo olimpico, inciampò in un capo che la Colmar mise in vendita come Guaina Colò dopo che lo stesso laveva indossata ai Giochi nella capitale norvegese. Tanto bastò perché il Comitato olimpico intervenisse, raggiungendo un compromesso con la federscì italiana: Colò rinunciava a gareggiare allestero e il Cio non lo squalificava. Una forma di rispetto per luomo e per il campione, al punto che il toscanaccio venne invitato ad Åre. In fondo era il campione uscente e aveva diritto a prendere il via. Così fece, ma come apripista. E stupì: in una libera dominata dallAustria, gli organizzatori fecero sapere, in via ufficiosa, che il miglior tempo era quello di Zeno.
Oggi i problemi sono ben altri. Cè una federazione commissariata e una squadra senza dirigenti, perché dirigenti in carica non ve ne sono più. Ha detto il d.t. Flavio Roda: «Quando ci sono questi vuoti, a pagarne le conseguenze sono gli atleti. Siamo qui da soli».
I contratti dei tecnici sono scaduti il 31 dicembre e il commissario Agabio ha promesso che a giorni verranno saldate le pendenze economiche relative allestate 2006. Non è una nazionale allo sbando, ma basti dire che per la prima volta dal 1974, mondiali di St. Moritz, non cè Casa Italia, quel punto di ritrovo che ormai accompagna ovunque lo sport azzurro e che venne inventato proprio nel Circo Bianco ai tempi della Valanga di Thoeni e Gros.
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