Livorno - Quel brivido che non guasta, eppoi il lieto fine: Inter perfetta anche nel thrilling. A Livorno si è visto di tutto un po’: in campo e fuori dove, per esempio, Moratti ha fatto show inconsapevole quando si è lasciato sfuggire, accidentaccio, la parolina ormai sdoganata da politici e comici ma che, contro un arbitro, non fa bel sentire. Moratti poi ne ha riparlato con un sorriso: «Non posso negare d’essermi arrabbiato». Ma ormai la frittata era fatta. Sì, insomma, ha dato all’arbitro dell’attributo (maschile, nel senso fisico del termine) perché quello, nel giro di un minuto, gli aveva spedito nello spogliatoio Maicon e Mancini. Pazienza per il tecnico, colpevole di aver calpestato una zona vietata. Molto peggio per il brasiliano che, in quel momento, lasciava la squadra in dieci e non giocherà il derby.
Inter un po’ nervosa, dapprima un po’ sonnolenta, magari preoccupata: il pari con l’Udinese svolazzava sulle teste nerazzurre come un fastidioso satanello. La straordinaria punizione pennellata dal piede di Lucarelli è stato l’ultimo choc prima di riconciliarsi con se stessa e con il proprio calcio. E oggi la squadra se ne sta a Valencia (è volata via ieri sera) con il cuore un po’ più lieve: lo ha fatto intendere Moratti, si è capito dalla tensione che ha accompagnato Mancini: serviva una vittoria per ricominciare, per scacciare paura pre derby e tensioni pre Valencia. Serviva un successo per dire al campionato: ci siamo ancora. E la Roma ha dato una mano. Cruz e Ibra sono stati i soliti angeli custodi di una squadra che sa segnare con bella libertà d’interpretazione, ma ultimamente sta subendo qualche gol di troppo, costretta a rimonte e affannoso giocare.
Partita dal colpo di scena facile. L’Inter gioca male e subisce, centrocampo in difficoltà, brutto pensare per la partita di Valencia. Il Livorno segna, l’Inter si scuote. Meglio per tutti, anche per la partita. La gente nerazzurra comincia a mandare il motore a pieni giri: Cruz e Ibra diventano i cavalieri della palla rotonda e in otto minuti confezionano l’idea del pareggio con la partecipazione straordinaria di Grosso, finalmente recuperato a qualche antico fulgore. Cruz s’inventa la girata fulminante, ispirato da un colpo di tacco di Ibra. Più tardi lo svedese concluderà l’opera, pescando la porta con una punizione, diventata micidiale per la deviazione di Rezaei. Che dire: nel giro di mezzora, tra il primo e il secondo tempo, l’Inter ha ritrovato il bel sorriso del suo campionato. Metteteci in mezzo anche due pali colpiti da Stankovic dopo 21 minuti di gioco e da Grosso dopo 31, ed ecco disegnato il quadretto che regala a ciascuno il suo.
Poi quel finale con brivido: il Livorno fa buon calcio e tien l’Inter sotto pressione. Prova a tirare più che a segnare. L’Inter non molla campo, la grinta è quella che serve per la coppa. Non mancano i colpi duri, qualche fallo in area potrebbe far dubitare che tutto debba scorrere.
Il colpo di scena vien dalla stupidata di Maicon: l’arbitro fischia e quello butta via la palla. L’arbitro ammonisce e lui applaude. Dal giallo al rosso è un passo. Anche se il brasiliano dirà che l’applauso non c’entrava con l’arbitro. Scusetta da multa. Forse basterebbe un po’ di buon senso per evitare eccessi.
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