La somministrazione si lascia la crisi alle spalle

Gli occupati toccano quota 615mila e superano il picco del 2007. La corsa del Nord Est

Il lavoro in somministrazione ha già recuperato i livelli pre-crisi. Nel 2016 il numero totale degli occupati dovrebbe essersi attestato a quota 615mila unità, superando il picco di 570-580mila dipendenti del biennio 2007-2008. Occorre inoltre segnalare che nel Nord-Est questo tipo di contratto ha conseguito una crescita del 15% a quello del 2008, segnale della ritrovata vitalità dell'area più dinamica del Paese. Nel Mezzogiorno, invece, l'incidenza della somministrazione è inferiore al 2% del totale dei lavoratori dipendenti. L'analisi condotta dal presidente del Cnel ed ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, e dal presidente dell'Inapp, Stefano Sacchi, ha evidenziato anche il profilo del lavoratore in somministrazione: nella maggior parte dei casi si tratta di un operaio (73% del totale), uomo (61%) e con meno di 35 anni (54%).

L'andamento di questo comparto del mercato del lavoro ha evidenziato e forse anticipato il trend positivo della produzione industriale. Lo si evince anche dall'incidenza della somministrazione sul totale degli occupati nel nostro Paese è passata, secondo le elaborazioni di Ebitemp, dall'1,5% di inizio 2016 all'1,8% del maggio scorso (3,5% del totale dei lavoratori dipendenti).

«Il lavoro somministrato è caratterizzato da un fortissimo investimento in formazione, che è quanto serve per affrontare la quarta rivoluzione produttiva», ha sottolineato Stefano Sacchi. A 48 mesi dall'attività di lavoro svolta in somministrazione il 71% dei lavoratori risulta impiegato: merito anche del rafforzamento delle competenze connesso a questo tipo di contratto: quasi il 40% ottiene attività formative contro il 6,5% della generalità degli occupati. Nel 2016 più di 33mila sono stati i corsi effettuati e indirizzati ad oltre 230mila lavoratori in somministrazione per un impegno finanziario di quasi 179 milioni di euro. Quindi, osserva Sacchi, questa modalità contrattuale può essere utilizzata «per fare screening, principalmente tra i giovani». Dall'altra parte, la sua naturale flessibilità facilita l'ottimizzazione organizzativa (professionale e di orario) delle aziende, condizioni sempre più necessarie alla produttività delle imprese.

Ma c'è di più, evidenzia il rapporto di Treu e Sacchi, le agenzie per il lavoro possono giocare un ruolo decisivo per la qualificazione e la riqualificazione di coloro che percepiscono un'indennità di disoccupazione nelle sue diverse forme mediante l'utilizzo del contratto di apprendistato. Lo sblocco dei «colli di bottiglia» del mercato, però, è spesso ostacolato dal susseguirsi incessante di modifiche normative.

Non meno importante, rimarcano gli autori, è il potenziale delle agenzie per il lavoro nella gestione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro.

Quello che per le istituzioni scolastiche è un obbligo e che per le aziende medio-piccole rischia di trasformarsi in un appesantimento organizzativo, può diventare un'opportunità di sviluppo coinvolgendo un attore terzo, l'agenzia, che può trasformare questo iter per sviluppare una strategia aziendale di recruiting. Allo stesso modo, le agenzie possono diventare un veicolo per trasmettere le buone pratiche del welfare aziendale anche alle piccole imprese.

OL

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