«Sono soddisfatta Il Pontefice ha posto paletti molto rigidi»

Prima pagina dell’Osservatore Romano, 3 settembre scorso. Lucetta Scaraffia firma un articolo sui trapianti, mette in dubbio i criteri di accertamento della morte cerebrale (accettati da quarant’anni, dal rapporto di Harvard) e scatena un putiferio. Ieri il discorso del Papa, che ritorna proprio sui temi affrontati in quell’articolo.
Ha sentito le parole del Papa?
«Eh sì. Me le hanno raccontate».
Primo pensiero?
«Lo sapevo. Il Papa pensa che bisogna essere molto seri sulla definizione di morte cerebrale, che bisogna accogliere e vagliare tutti i dubbi. E che la situazione è da sorvegliare, perché non si tratta di un problema chiuso».
Perché il Pontefice si rivolge a medici e scienziati?
«Ci sono medici che dicono che la morte cerebrale, in alcuni casi, non sia accertata davvero. Medici, non ideologi».
Come mai crede che il Papa sia tornato sull’argomento?
«Quello dei trapianti è un problema che gli sta cuore, come tutte le questioni che riguardano l’inizio e la fine della vita».
Ha parlato di abusi. Che ne pensa?
«Si riferiva al mercato degli organi».
Solo a quello?
«C’è una tendenza a rendere sempre più corto l’intervallo necessario per decretare la morte cerebrale: e, in questo, c’è il rischio di abusi. In certi casi il tempo di osservazione è stato ristretto da 12 a sei ore: si capisce, gli organi sono in uno stato migliore. Ma va a scapito della serietà della definizione di morte cerebrale».
Si riferisce all’Italia?
«Il Papa parla a tutti i paesi, che hanno anche leggi diverse dalle nostre. Il problema è mondiale».
La sua è ormai una battaglia?
«Un po’ sì. Dobbiamo riaprire il problema della definizione di morte cerebrale, perché molti medici non sono d’accordo. Il Pontefice è stato chiaro: i trapianti sono accettabili solo in caso di morte reale».
Ha parlato anche di dono, di carità. Non lo considera?
«È vero, è un dono. Però dobbiamo essere sicuri che sia davvero spontaneo. Il Papa ha detto che donare gli organi è un atto grandioso di generosità, ma ha posto due paletti molto rigidi: la certezza della morte del paziente e la volontà del donatore, che dev’essere chiarissima, e non una “supposta intenzione”».
È soddisfatta?
«Certo. Come sempre questo Papa ci ha dato indicazioni preziosissime di percorso».


Il prossimo passo?
«Spero si apra una discussione vera sul rapporto di Harvard, come già succede in altri paesi. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare i problemi. E non fingere che le voci diverse non esistano».

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