Un buio e polveroso sottoscala del Palazzo di giustizia, in mezzo a centinaia di cartellette rosse con i nomi degli indagati: qui era finito il primo computer di Mani pulite (nella foto) sul quale Di Pietro e il suo staff avevano messo a verbale il crollo della prima Repubblica. Lo hanno ritrovato, funziona ancora e pare che adesso diventerà un pezzo da esposizione: si è candidato a ospitarlo il Museo della scienza e della tecnica di Milano. «Il suo valore storico per noi - spiega cautamente il direttore Fiorenzo Galli - non è legato allinchiesta, ma al fatto che con questo computer per la prima volta linformatica ha avuto un ruolo determinante in unindagine giudiziaria».
Si tratta dellOlivetti Xp9 - oggi roba antidiluviana - che Di Pietro aveva piazzato nella famosa stanza 253, dove gli interrogatori alimentavano gli ordini di cattura. Scrive Elio Ramondini, allepoca giovane pm del pool: «Il computer costituiva la memoria storica del fascicolo virtuale di Mani pulite, il procedimento penale 8655/02».
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