«Un sottosegretario mi ha avvertito che i giudici indagavano su di me»

La vedova Fortugno racconta i retroscena dell’avviso di garanzia e inguaia il vice di Di Pietro, che nega tutto

nostro inviato a Reggio Calabria
Rimproveri, ripicche, rappresaglie. Prosegue la resa dei conti nel centrosinistra calabrese dilaniato dalle faide, dagli avvisi di garanzia, dall’eredità contesa di Francesco Fortugno. L’ultima energica spallata l’ha data ieri il deputato della Margherita Maria Grazia Laganà, vedova del vicepresidente del consiglio regionale, che in una conferenza stampa convocata per discutere dell’avviso di garanzia ricevuto per un acquisto di forniture sanitarie riguardanti il Pronto Soccorso di Locri (dove il marito lavorava come primario) ha messo nei guai il sottosegretario alle Infrastrutture, Luigi Meduri: «È stato Meduri a dire a un comune amico, sapendo che me lo avrebbe riferito subito, che mi stava arrivando un avviso di garanzia. Mi chiedo come abbia fatto un uomo di governo a sapere in anticipo dell’esistenza di un atto così riservato».
Sei ore più tardi arriva la smentita del diretto interessato: «Leggo riferimenti alla mia persona in merito ad anticipazioni circa l’avviso di garanzia notificato alla parlamentare. Per amore di verità l’unica cosa che mi sovviene risiede nella possibilità che nell’ambito di una più ampia discussione sulla difficile situazione politica calabrese, si sia anche parlato del continuo riferimento, da parte di esponenti politici di parte avversa, a supposte iniziative giudiziarie nei confronti di amici della Margherita. In questo contesto va inquadrata la riflessione sulla insistente campagna di stampa portata avanti dal centrodestra sul rincorrersi di voci circa un interessamento dei magistrati inquirenti anche all’attività svolta dall’onorevole Laganà prima del suo ingresso in politica. Ovviamente nulla di specifico era a mia conoscenza e nulla di specifico ebbi ad anticipare».
Il riferimento della Laganà a Gigi Meduri rimanda a intercettazioni legate all’inchiesta sull’omicidio laddove il sottosegretario, all’epoca leader della Margherita calabrese, attacca Fortugno impegnato a bloccare la candidatura di Domenico Crea (uomo di Meduri) che dopo il delitto si scoprirà essere in contatto con il presunto mandante, il presunto autista del commando, il presunto killer. Telefonate mai andate giù alla vedova. Come quella in cui Crea dice a Meduri: «Mi pare un partito di m..., questo, Gigi. Dove non si capisce un c... di politica». E Meduri: «Li ha fatti morire ieri sera, c’era Franceschini, la Bindi... a nome del compare Crea gli ho detto D’Antoni provvedi, una scena da morire (...)». E ancora: «Io mi meraviglio di Ciccio Fortugno che è un’idiota, l’ho scoperto, sarà anche una brava persona ma non capisce niente comunque».
Regolato il conto con Meduri, indirettamente la signora Laganà sistema pure Crea che nella trasmissione Anno Zero aveva detto che il marito era stato ammazzato perché non aveva mantenuto fede agli impegni presi. «Franco è stato ucciso perché non assecondava le commistioni tra famiglie di magistrati, 'ndrangheta e politici nella sanità. Nulla, a tutt’oggi, è stato accertato». Il riferimento subliminale è a Giovanni Filocamo, ex commissario della Asl di Locri che ebbe scontri con Fortugno, un ex deputato di Forza Italia imparentato con un noto magistrato. Qualche mese fa Filocamo si ribellò all’idea di passare per il grande vecchio delle cosche. «Tutti sanno che Fortugno è stato assunto quando il suocero, potentissimo esponente dc, era amministratore della struttura ed era componente del comitato di gestione che faceva tutte le assunzioni. Tutta la Asl è piena di cugini, nipoti, parenti vari dei Laganà e di Fortugno. Se la Asl 9 è stata sciolta per mafia, per determinati appalti, non è certo per colpa mia che ci sono stato pochissimo». Nell’evocare un «muro di gomma» nelle indagini, incurante dell’interrogatorio di domani, la vedova attacca frontalmente le toghe: «Va fatta luce su intrecci tra famiglie di magistrati che controllano la situazione in Calabria, settori di magistratura deviata che portano chi chiede giustizia ad essere isolati. Hanno distrutto mio marito e ora stanno distruggendo me. Invece di guardare le motivazioni politico-affaristiche-mafiose nella sanità s’indaga su chi ha subito una terribile perdita.

Franco è stato lasciato solo dagli apparati dello Stato, e quegli stessi argomenti che mio marito denunciava oggi vorrebbero ritorcerli contro di me. Ma io non mi fermo». E chi vuole capire, capisca.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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