Madrid«Il progetto di legge presentato costituisce un serio passo indietro rispetto all'attuale legislazione depenalizzatrice, già di per sé ingiusta, quindi, d'accordo con la dottrina della Chiesa, nessun cattolico coerente con la propria fede potrà approvarla né dargli il suo voto». È duro e chiaro il monito della Conferenza episcopale spagnola (Cee), che ha condannato ieri la riforma della legge sull'aborto del governo socialista di José Rodríguez Zapatero ed ha chiesto ad alta voce ai parlamentari di opporvisi.
Dopo un anno di calma apparente e di gesti conciliatori motivati da una precisa richiesta del Papa ai vescovi spagnoli, riscoppia infine lo scontro Chiesa-Stato in Spagna. A scatenarlo è una riforma che potrebbe essere approvata tra un mese in Parlamento e che consentirebbe a tutte le donne di interrompere volontariamente la gravidanza entro le prime 14 settimane di gestazione o, dietro parere medico, entro le 22 settimane, se c'è in ballo la salute psicofisica della madre o deformazione del feto. La legge socialista non si ferma al livello delle altre omologhe europee, ma stabilisce inoltre che questo diritto lo potranno far valere anche le donne minorenni, a partire dai 16 anni, che potranno decidere di abortire senza darne notizia ai genitori.
La Chiesa aveva già fatto conoscere il proprio parere sul tema lo scorso marzo, lanciando una campagna pubblicitaria che vedeva a fianco un neonato ed un cucciolo di lince. Lo spot sottolineava che l'animale - specie protetta in Spagna perché in via d'estinzione - era più tutelato del bebè. Ieri, il portavoce della Cee, Juan Antonio Martínez Camino, ha ribadito la contrarietà della Chiesa ad una proposta di legge che ha giudicato «una fonte avvelenata di immoralità ed ingiustizia» perché presenta l'aborto come un diritto.
Il nuovo testo presuppone infatti il riconoscimento della legalità dell'aborto. La legge attuale, in vigore dal 1985, lo depenalizza nel solo caso di stupro, di grave malformazione del feto e di pericolo per la salute psicofisica della madre. Nella pratica, però, il 99% delle spagnole e delle straniere che abortisce in Spagna invoca ora rischi di salute psicofisica per ottenere un certificato medico che consente di abortire senza praticamente nessuna restrizione.
Ma a scatenare la polemica non è solo la Chiesa: la maggioranza degli spagnoli è infatti contraria alla liberalizzazione dell'aborto tra le minorenni. Il punto più controverso della riforma a marchio Zapatero vede infatti contraria una percentuale che oscilla tra il 60 ed il 70% degli spagnoli, secondo i sondaggi dei principali giornali. E lo scontento sconfina anche tra i socialisti votanti, tra i quali, almeno il 56% sarebbe contrario.
Secondo molti analisti, Zapatero ha voluto però portare avanti la legge comunque per attirare gli strali del battagliero clero spagnolo. La polemica con la Chiesa è infatti capace più di ogni altro tema di compattare e mobilitare un elettorato socialista disilluso dalla scarsa attività e prontezza del governo nel fronteggiare la crisi. Quando si stanno per compiere quattro anni dall'approvazione dei matrimoni gay, la Chiesa ha mostrato il suo dissenso alla legge ma senza alzare i toni. Almeno fino ad oggi. Nel frattempo Zapatero ha perso le europee e governa in minoranza a Madrid.
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