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In Spagna via il crocifisso dalle aule

A Valladolid condannato un istituto pubblico:" Esporli è contrario alla Costituzione". Proteste delle associazioni cattoliche: "Sentenza infelice, faremo appello". La decisione dopo il ricorso, tre anni fa, di un gruppo di genitori

In Spagna via il crocifisso dalle aule

Madrid - Con una sentenza che non ha precedenti nella storia del Paese, un giudice spagnolo ha ordinato a una scuola di Valladolid di ritirare i crocifissi da tutte le aule e i luoghi comuni dell'edificio per non ferire i diritti fondamentali di uguaglianza e libertà religiosa sanciti dalla costituzione spagnola. La sentenza ha subito riaperto una polemica ciclica e mai conclusa nel Paese sui limiti della laicità, soprattutto nelle istituzioni pubbliche. Solo lo scorso luglio infatti Zapatero aveva annunciato una legge sulla progressiva scomparsa dei simboli e delle liturgie religiose dagli spazi pubblici e dagli atti ufficiali, finora non presentata.

Il giudice Alejandro Valentín è partito dal concetto di stato anticonfessionale, sancito dalla costituzione del 1978, per chiedere il ritiro dei simboli religiosi dall'istituto Macías Picavea della cittadina spagnola. «La presenza di simboli», come il crocifisso, «laddove ci siano minori in fase formativa di volontà ed intelletto, può provocare in loro la sensazione che lo Stato sia più vicino alla religione cattolica rispetto ad altre confessioni», si legge nella sentenza che adesso obbliga il centro scolastico a staccare crocifissi appesi alle pareti della scuola pubblica dal lontano 1930.

La decisione del magistrato, contro la quale è possibile un ricorso, nasce dalla denuncia di alcuni genitori appartenenti all'associazione culturale Escuela Laica che, dopo aver chiesto invano al consiglio di istituto di rimuovere i simboli religiosi, decisero nel settembre 2005 di fare denuncia.

Il consiglio del Macías Picavea si era infatti riunito e, con votazione segreta, aveva deciso di non cedere alle richieste di quei genitori, che adesso esultano. «Lottavamo da tre anni per l'eliminazione dei crocifissi. Siamo contrari a che stiano sopra la lavagna, presiedendo l'attività didattica», spiegava ieri Fernando Pastor. Per lui, padre di una bambina del Macías, la questione non è essere contrari ai crocifissi, «ma alla loro imposizione».

Ben diverse le reazioni dei genitori cattolici, che parlano di una decisone «infelice». L'associazione Concapa accusava ieri il giudice di laicismo radicale e ricordava che «l'Europa nasce da basi culturali cristiane e il crocifisso è semplicemente il simbolo di questa cultura». Anche il portavoce dell'Osservatorio per la libertà religiosa e di coscienza stigmatizzava il fatto che «con la sentenza si trasforma una questione socioculturale in uno strumento per la diatriba». Per il Centro giuridico Tommaso Moro «il cristianesimo è parte della nostra storia e se vogliamo fare scuole neutre non dovremmo dare neanche riferimenti politici o morali. E così facendo svuoteremmo tutto».

Sul versante politico si è già aperto il fronte di chi propone l'estensione della misura a tutte le scuole. A chiederla è il gruppo socialista nel parlamento della Castiglia León - di cui Valladolid è capitale - che chiede alla camera di estendere d'ufficio la rimozione dei simboli religiosi a tutti gli istituti della regione. I socialisti si lamentano che il governo regionale non abbia preso l'iniziativa - come successe a Jaén nel 2006, dove la regione Andalusia rimosse i crocifissi su richiesta di alcuni genitori - e abbia lasciato fare ai tribunali.

Ora la sentenza, arrivata 30 anni dopo la morte del dittatore Franco che fece del cattolicesimo la religione di Stato, e in una città che fu la capitale del cattolico Impero Spagnolo, rischia di aprire vecchie ferite mai cicatrizzate.

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