Il clima è cambiato: tira un vento freddo e gelido che soffia in Spagna. Ma questo è un altro inverno: è quello della crisi e del debito pubblico, che nell’ultimo trimestre è salito al livello più alto dal 2000, raggiungendo il 57,7 per cento del Pil. Zapatero ha tergiversato per anni, è diventato famoso per le sue battaglie in difesa della laicità, a favore dei matrimoni gay, dell’aborto. Per anni i suoi avversari lo hanno accusato di immobilismo, di non aver reagito davanti alla crisi. Oggi la Spagna si risveglia, e lo fa azzerando i sogni, cancellando per sempre l’immagine di oasi europea. Il miracolo è svanito. Per rialzarsi deve rimboccarsi le maniche. E lavorare. Non più fino a 65 anni, ma arrivare a 67. La parola d’ordine per gli spagnoli è resistere, fare sacrifici per non affondare; «altrimenti - dice il premier - tra 15 o 20 anni ci saranno problemi più grossi ». Un riforma urgente, che dovrà essere votata già a gennaio, il 28. E non sarà facile farla digerire a tutti. Le proteste dei lavoratori sono già partite, una quarantina le manifestazioni e i sindacati già minacciano sciopero generale. Ma Zapatero questa volta è deciso: «Andrò avanti nonostante tutte le conseguenze. È necessario per il futuro del Paese e risponde ad un senso di responsabilità». Sa che per i prossimi mesi non avrà vita facile Zapatero. Cerca una sponda, una «convergenze» tra i partiti in Parlamento, ma non sarà così scontato. «È una nostra proposta ma prima vogliamo parlarne con tutti i gruppi politici», anche se la responsabilità di elaborare il testo finale «spetta al governo». Zapatero è pronto a sfidare l’impopolarità.Sa che lascelta è tra le più difficili da accettare, Grecia e Francia, lo hanno già dimostrato. Anche l’Italia fatica ad adattarsi alle indicazioni dell’UE per parificare l’età pensionabile a 65 anni. Anche Zapatero si prepara alla lotta. «Sono pronto a spiegare i motivi di questa riforma. E sono convinto che alla fine la maggior parte degli spagnoli capirà che qui è in gioco il futuro del nostro Paese». Ovviamente sarà un cambiamento lento e graduale, con «elementi di flessibilità ragionevoli ». Probabilmente saranno esclusi i lavori più pensanti, come i muratori. Sembra uno Zapatero diverso, quello che parla da Bruxelles, dove si sono appena conclusi i lavori del Consiglio europeo. Un leader ormai costretto a prendere provvedimenti. Lo dicono i dati, i conti, i debiti. Rispetto all’anno scorso l’indebitamento è avanzato del 18 per cento. E c’è chi parla già di fine del Psoe. I sondaggi rivelano che il Psoe ha toccato minimi storici dalla morte del dittatore Francisco Franco. Mancano ancora 15 mesi alle prossime politiche spagnole, ma già il Palazzo della politica a Madrid è agitato dal dibattito sotterraneo aperto sulla successione del premier. Per il «zapaterismo è l’inizio della fine », annuncia in copertina il settimanale Cambio 16 . «Despues de Zapatero, què?» (Cosa, dopo Zapatero?) si interroga Tiempo . Lui intanto avvolge la sua terza candidatura, nel 2012, nel mistero. Non vuole sbilanciarsi, sa che oggi non ne avrebbe la forza. Il suo livello di popolarità è ormai a terra. Ormai in molti, quando pensano al futuro, parlano di Alfredo Rubalcaba, oggi il politico più popolare nel Paese. «Nel Psoe si parla apertamente del futuro senza Zapatero: è un po’ come discutere del testamento accanto al letto del moribondo» scrive Publico. Anche in Catalogna, la sua regione, nelle elezioni di novembre è uscito distrutto.
I socialisti hanno perso la guida della regione e hanno ottenuto il loro peggior risultato di sempre. E i pronostici non sono migliori per le regionali e le amministrative nazionali del maggio 2011. A quel punto allora Zapatero scioglierà il dubbio sulla propria ricandidatura. E allora non sarà semplice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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