Aveva sparato per difendersi. In stato di necessità, perché tre rapinatori lo avevano preso di mira per portargli via 3500 euro, l'incasso della serata dei cinema di sua proprietà. Eppure, il giudice monocratico prima e quindi la Corte d'Appello lo avevano ritenuto colpevole. Ma adesso la Suprema corte ha ribaltato il verdetto, assolvendo, definitivamente, il sindaco di San Giuseppe Jato (Palermo) Giuseppe Siviglia.
La sentenza è stata emessa dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha annullato senza rinvio i precedenti verdetti di condanna. I supremi giudici hanno ritenuto che sparare a banditi in fuga non integri gli estremi del reato di lesioni volontarie aggravate, riconoscendo a Siviglia l'esimente della legittima difesa putativa.
Il primo cittadino, titolare di alcune importanti sale cinematografiche a Palermo, nel dicembre del 2005 era stato affrontato da tre malviventi armati mentre rientrava a casa. Lui aveva cercato di difendersi, e aveva sparato, ferendo uno dei rapinatori. Il giudice monocratico prima e la Corte d'Appello poi lo avevano ritenuto colpevole. Adesso la sentenza dei supremi giudici.
Molto soddisfatto il protagonista, suo malgrado, di questa storia: «Ho sempre creduto nel diritto e nella giustizia - ha commentato Siviglia -, la Cassazione annullando le due sentenze ha riconosciuto la mia buona fede e il mio diritto a difendermi. Le sentenze illegittime e sbagliate che mi avevano condannato da innocente erano il rovescio del diritto».
Molto soddisfatto anche l'avvocato Enzo Fragalà che ha difeso Giuseppe Siviglia in tutti i tre gradi del processo ha aggiunto: «Sono stato sempre convinto della sussistenza della legittima difesa e del comportamento esemplare del sindaco che ha voluto con la sua reazione evitare che i tre rapinatori aggredissero i suoi congiunti portando il gravissimo delitto già commesso alle estreme conseguenze. La sentenza - ha concluso il legale - rassicura tutti i cittadini onesti che di fronte al crimine ogni cittadino ha diritto a difendersi e a reagire».
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