I direttori d'orchestra di talento e sotto i trent'anni rischiano di essere prede di manager teatrali in cerca del gran colpo. Michele Mariotti, 34 anni, direttore principale al Comunale di Bologna, si è sempre mosso con circospezione. Ha debuttato nove anni fa a Salerno, dunque fuori dai giri grossi, ora è arrivato al Metropolitan di NY, Covent Garden di Londra, Opéra di Parigi. Domenica 11 dirige il Guillaume Tell al Festival Rossini di Pesaro, con un cast di lusso: Juan Diego Florez, Marina Rebeka e, nel ruolo del titolo, Nicola Alaimo.
Guglielmo Tell, chel titolone...
«Un' opera lunga e pesante, devi mandare avanti quasi 200 persone, ma le conosco bene, sono del Comunale di Bologna».
La danno futuro direttore musicale a Bologna. Conferma?
«Devo incontrarmi con il sovrintendente. Metteremo sul piatto le nostre richieste, come si fa fra gentiluomini».
Cosa chiederà?
«Garanzie di tipo artistico e a livello di immagine».
Lei ha talento. Ma è anche figlio di Gianfranco Mariotti, il fondatore del Festival Rossini.
«L'essere figlio di
non ha influito sulla mia carriera. Non devo giustificarmi di niente. Ammetto di aver avuto il privilegio di respirare da subito l'aria del teatro».
Ha debuttato a 25 anni. Troppo presto, o prima o poi bisogna iniziare?
«Iniziare e sperare di avere dall'altra parte un giudizio onesto. Conta capire che per certi ruoli e titoli c'è bisogno del tempo giusto. Dipende poi come uno vede la carriera».
Lei come la vede?
«Come un percorso lento e graduale, non mi interessa arrivare in certi posti, ma arrivarci al momento opportuno».
Ha rifiutato ingaggi, giusto?
«Non ho voluto fare Don Giovanni di Mozart, per esempio. Non mi sognerei di dirigere Falstaff, Otello, o sinfonie di Mahler».
Ma lo scorso autunno ha accettato Carmen al Metropolitan. È stato un azzardo?
«L'avevo già testata a Bologna. Il sovrintendente del Met era presente a ogni prova, quindi sapeva a cosa andava incontro. Mi ha poi rinvitato».
Trentenni come lei con professioni un tempo sicure sono in crisi, Lei vive di arte.
«La carriera è anche una questione di incontri e di momenti fortunati. Io arrivai a Bologna quando se ne andava Daniele Gatti, che è poi il mio direttore di riferimento assieme a Thielemann».
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