Pianisti come i russi Daniil Trifonov e Alexander Malofeev dimostrano che in arte, per apprendere il «know how», non bastano studi matti e disperati, applicazione e disciplina. È anche questione di geografia umana, contano - eccome - i secoli di cultura sedimentata, la personalità di un Paese.
Strabilia l'invasione cinese di pianisti e violinisti dalle mani iperabili, macchine perfette e spesso disposte a strizzare l'occhio al facile mercato, si parte da look al limite dell'imbarazzo, minigonne vertiginose (su gambe di pochi centimetri), abiti carnevaleschi, storie strappa lacrime: pane per i denti dei media. Poi, puntuale, arriva la vecchia madre Russia, gigantessa dai piedi d'argilla ma che ai suoi artisti offre mani, teste, estro, tecnica uniche. E soprattutto: li promuove affinché la facciano brillare nel mondo. Guerra fredda o no, l'approccio è sempre quello.
E così dopo il fenomeno Trifonov, ecco l'ultima rivelazione: il pianista Malofeev, 15 anni, moscovita. Valery Gergiev, il direttore della vita musicale russa, oltre che del teatro di San Pietroburgo, lo ha testato in casa sua e dopo il collaudo l'ha portato in Europa facendolo partire dove in genere uno arriva, alla Scala. Critica unanime, pubblico in delirio, e agenda piena. Il Festival pianistico di Brescia e Bergamo ha deciso di aprire la rassegna - stasera a Brescia e l'indomani a Bergamo - proprio con questo talento precoce, alle prese con il secondo Concerto di Rachmaninov. In agosto sarà la volta del Festival di Merano, quindi Genova e Torino.
«Aiuto!», si lascia sfuggire Malofeev questo mese impegnato in 13 concerti. La cosa lo preoccupa, o meglio, «non fa molto piacere alla mia insegnante, perché avrei bisogno di tempo per studiare, imparare nuovi programmi, per fare i test ed esami a scuola». Sospira il prode pianista che viaggia alla russa: con mamma e insegnante al seguito. Un viso imberbe, il suo, e due manone che spiccano su quel fisico fanciullino, ignaro di giochi all'aperto, sport, palestre... «Cerco di studiare più che posso, occupo tutto il tempo libero. Adoro la musica. Non mi rendo neppure conto del numero di ore che passo alla tastiera», confessa. Ma chi lo conosce conferma che sono tante, si sconfina anche nella notte.
E' cresciuto alla Gnessin Academy di Mosca: il meglio della Russia si forgia lì. Con orgoglio ci spiega che la sua maestra, Elena Berezkina, è Artista del Popolo e le «mani dei suoi allievi sono intelligenti e tecnicamente espressive. Spero di poter continuare la grande tradizione della scuola pianistica russa», dice questo ragazzo dagli occhi di vetro, sguardo severo ma pronto a sciogliersi una volta lontano da tastiera e incombenze lavorative. A debita distanza c'è mamma, dottore, mentre papà, ingegnere, sta a Mosca ad accudire agli altri due figli adolescenti. Non deve essere stato facile per la giovane coppia ritrovarsi fra le mani un ragazzino che a 12 anni finiva nel circuito dei festival di Gergiev. Finirà gli studi o si dedicherà al concertismo, come fece il pianista leggenda Rubinstein? «Studierò. Il talento non basta, servono anni e anni di studio con l'insegnante giusto. Dopotutto anche Rubinstein finì per crederci se a un certo punto fondò il primo conservatorio russo». Ovviamente niente liceo e università. «Non potrò avere una formazione usuale. La musica assorbe tutto il mio tempo e pensieri. Studierò per conto mio, cosa che già faccio. Leggo molto e quando sono in una città nuova, visito musei, mi informo sulle novità. Verrò a Bergamo, la città di Giacomo Quarenghi, architetto che lasciò tracce importanti in Russia».
E spiega per filo e per segno monumenti, palazzi, stili del Quarenghi. Il pensiero va ai suoi coetanei. E' chiaro, Malofeev non può aver vissuto «la fanciullezza ordinaria» che decanta. Tutto ha un prezzo, stampato su quello sguardo da piccolo adulto.
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