Anna Netrebko è la regina della Scala

Le «voci» sono la luce che accende un teatro d'opera. Ovvio? Non troppo, soprattutto oggi, dove scarseggiano le grandi personalità vocali. La cartina tornasole è la locandina: quando compare una prima donna tornano le code fuori dal botteghino, il fermento d'attesa è elettrico (nonostante i prezzi delle poltrone). Questo è l'effetto Anna Netrebko, che ha debuttato alla Scala come Violetta alla quarta recita dell'ormai storico allestimento firmato da Liliana Cavani, Dante Ferretti e Gabriella Pescucci, con il quale Riccardo Muti ruppe un tabù inviolato per decenni, eseguendo una delle opere feticcio di Maria Callas. Sappiamo che Violetta deve mutare «voce» nel corso del suo calvario d'amore (dal brillante al lirico al drammatico). Anna Netrebko ha sfoderato sempre un colore di voce caldo e avvolgente, superbamente omogeneo, scalando con naturale dovizia anche le perfide cadenze della cabaletta. Sempre libera degg'io e, grazie a Dio, non ha avuto bisogno di piazzare l'orrido e non scritto sopracuto nel finale del primo atto, per riscaldare la platea. Una prova da ammirare da cima a fondo. Accanto a lei Germont padre e figlio sembrano ancor di più figurini estranei e appassiti (sia Leo Nucci, amatissimo beniamino scaligero, sia Francesco Meli, corretto ma stucchevole Alfredo).

Qualche saputello ha invitato con inopportuna maleducazione il maestro Nello Santi (accolto dai più con particolare calore) a tempi meno sostenuti negli accompagnamenti. Unanime il consenso per la Netrebko, che questa Traviata incorona Regina della Scala.

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