Beatrice Gallori coglie l'essenza della natura (in forme rosse)

Nove sculture rosso scarlatto punteggiano il bancone centrale del caffè della Triennale di Milano

Beatrice Gallori coglie l'essenza della natura (in forme rosse)

Nove sculture rosso scarlatto punteggiano il bancone centrale del caffè della Triennale di Milano. Catturano lo sguardo con le loro forme apparentemente semplici, modulate su un solido a base rettangolare o quadrata e delle sfere ad esso attaccate. Di misura variabile, sono in polimero e legno, monocrome ed essenziali. Sono tra le ultime prove espressive di Beatrice Gallori, quarantenne di Montevarchi e artista da tenere d'occhio: studi di fashion design al Polimoda Institute di Prato, un'attività promettente per l'uso di materiali, successo di critica e quotazioni per le opere in ceramica e un'opera, Boom, che è ora nella collezione permanente della Bocconi.

Biological rules, significativa riflessione sull'evoluzione della materia, è il titolo del suo progetto in Triennale e costituisce la terza delle cinque tappe della rassegna Materialmente che, su idea di Angelo Crespi, porta nel Palazzo dell'Arte di Giovanni Muzio i lavori di giovani artisti capaci di leggere in maniera innovativa i materiali della tradizione. Dopo le mostre con le porcellane di Francesco De Molfetta e con lo zoo di carta di Alice Zanin, il lavoro della toscana Gallori, in mostra fino all'11 febbraio, mescola arte e scienza, materia organica (il legno) a inorganica (i polimeri). Da tempo l'artista si mette alla prova sul tema, riflettendo sulla rappresentazione della cellula e dei suoi significati: poste l'uno accanto all'altro, le sculture in Triennale su tutte Fluid-ity raccontano il mutamento cellulare con il passaggio, quasi un parto, alle forme sferiche dalla base cubica. Arte concettuale? Sì, certo: la biologia, e il dibattito d'attualità, offrono terreno fertile per artisti come Beatrice Gallori. Ma qui c'è dell'altro ed è la forza pop di quel rosso lucido unita con un'indagine sulla terza dimensione che ricorda lo Spazialismo anni '60.

Le guardi mentre sorseggi un caffè e pensi che è un bene che queste sculture si trovino in uno spazio di passaggio: figlie di una consapevole ricerca sui materiali, le cellule di Beatrice Gallori diventano metafora di generatività.

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