Brendan Behan l'irlandese che si bevve tutta l'America

Gian Paolo SerinoBrendan Behan è stato una meteora della letteratura del '900. Come accade a tanti dimenticati, il suo talento ritorna in libreria con Un irlandese in America, un breve scritto inedito in Italia e appena pubblicato da 66THA2ND (pagg. 164, euro 20, trad. Riccardo Michelucci). Apparso per la prima volta nel 1964 con il titolo Brendan Behan's New York, impreziosito dai disegni di Paul Hogarth (illustratore inglese che lavorò anche con Graham Greene e William Golding), fece molto scalpore. Norman Mailer ricorda che «New York era morta, in quegli anni. Brendan Behan ruppe il ghiaccio... fece apparire il movimento beat - Kerouac, Ginsberg, me ed altri - come dei rispettabili borghesucci», mentre The New York Times del 4 settembre 1960 riporta: «New York fu informata, dal due settembre, dell'arrivo di un irlandese osceno, iconoclasta, ex rivoluzionario, cantore di ballate e danzatore di balli popolari, tarchiato, sgualcito, dai capelli selvaggi, un drammaturgo trentasettenne di Dublino di nome Brendan Behan».Quando arrivò in America, The Hostage, la sua commedia su un soldato inglese tenuto prigioniero in un albergo di terz'ordine di Dublino, era stata rappresentata a Londra per più di un anno e si apprestava a conquistare Broadway. Ma solo due mesi dopo il suo arrivo, come si legge in My Life with Brendan Brehan (memoir della moglie Beatrice), Behan cominciò a bere pesantemente, imbucandosi agli spettacoli delle sue stesse commedie dopo aver bevuto sette bottiglie di champagne, insultando il pubblico e rimproverando gli attori. Behan amava definirsi «un alcolizzato con problemi di scrittura».Nato a Dublino nel 1923, morto a soli 41 anni, Behan è un autore da riscoprire. Anche attraverso le pagine di questo Un irlandese in America, libretto che sarebbe un inutile panegirico alla città di New York - sembra scritto su commissione per ottenere la «green card» - se non fosse che porta, appunto, il lettore italiano a conoscere Behan, dimenticato da anni. Anche perché autore di Ragazzo del Borstal, fuori catalogo da Feltrinelli da anni, che meriterebbe la ripubblicazione.

Racconta di un intellettuale che da Dublino vuole raggiungere Londra per mettere delle bombe contro i grattacieli del potere inglese. Un romanzo autobiografico che ricorda molto da vicino la trama de La vita agra di Luciano Bianciardi, edito da Feltrinelli nel 1962. Lo stesso Bianciardi che tradusse Ragazzo del Borstal due anni prima.

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