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La commedia umana di De Silva è il calvario di un Malinconico malato

Nel nuovo romanzo, l'avvocato scopre di avere un tumore. Come l'autore

La commedia umana di De Silva è il calvario di un Malinconico malato

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Era l'agosto dell'estate scorsa quando chiamai il mio amico Diego De Silva per fare due chiacchiere, e preciso subito: non è che io ami i suoi libri perché è mio amico, sono diventato suo amico perché amo i suoi libri. Gli dissi: «Che due palle l'estate, io la odio» e lui mi disse: «Non dirlo a me, altro che due palle, mi hanno trovato un tumore proprio in una palla». Credevo scherzasse, invece era vero, e lì è iniziato un calvario clinico finito nel suo nuovo, magnifico romanzo, I valori che contano (avrei preferito non scoprirli) (Einaudi, pagg. 320, euro 18,50), dove a ammalarsi è l'alter ego di Diego, l'avvocato Vincenzo Malinconico.

Nessun pietismo, nessuna autocommiserazione: dal primo sospetto alla prima diagnosi («Ho un tumore (che già non è una bella notizia), ma non so che tumore ho»), alle ansie e paure e speranze e congetture sulle cellule, perché chissà se il cancro «ha già figliato e spedito i suoi scagnozzi in qualche mio anfratto, o se è appena nato e riusciremo a sopprimerlo prima che lui sopprima me».

Meravigliose speculazioni su quando si scopre di avere un cancro e non ci sembra vero, il classico: perché proprio a me? «Inutile dire che è una domanda stupida, non essendoci alcuna ragione per cui un tumore dovrebbe colpire un altro e non te; eppure il sentimento con cui si reagisce a questo cambio di stato è l'incredulità. Anzi, lo scandalo. Come se la vita ti avesse fatto un torto. Di più: come se fosse venuta meno a un impegno che s'era presa nei tuoi confronti, risolvendo in via unilaterale il suo contratto con te prima della scadenza. Un licenziamento ingiustificato, ecco». Non è un libro triste, anzi estremamente confortante anche per chi è malato, perché è lo spettacolo della lucidità che sfocia nella tragica comicità della realtà quando, appunto, la realtà è così tragica da sembrarti irreale. La diagnosi: un linfoma non Hodgkin, lo avrete sentito nominare tutti senza sapere cosa sia, come Malinconico, che chiede cosa significhi non Hodgkin, «sperando che quel non togliesse qualcosa alla brutta notizia». Il tumore, tuttavia, viene preso in tempo, è una vera fortuna, però è anche vero che «non se ne può più di questa storia della fortuna che appare nella sfiga a scopo di bilanciamento, mai una volta che si presenti da sola, in visita di cortesia».

I romanzi di De Silva sono i romanzi di De Silva, commedie umane esilaranti ma senza sconti alla verità. Perfino quando ti senti dire che la vita va avanti. «Che già non è una frase entusiasmante, perché implica l'idea che vivere valga la pena (dunque, che il dolore faccia parte del pacchetto). Se poi la vita che va avanti non è neanche la tua ma quella degli altri, la prospettiva evolutiva (quella della vita che continua senza di te) da cui dovresti guardare il tuo dramma diventa un concetto per trombone. Come se l'angoscia della morte potesse trovare consolazione nell'idea che l'umanità seguiterà a vivere e a riprodursi malgrado la tua assenza».

In fondo è il sentimento che, malattie a parte, anche io ho sempre provato rispetto agli ambientalisti che si preoccupano di come sarà il mondo tra cento anni, mi è sempre sembrata una metafisica della specie. Come dice Malinconico in questo romanzo che dovete assolutamente leggere: «Io non dico che non m'importi cosa succederà del mondo dopo di me, ma sono più preoccupato dalla mia fine che dalla sua.

Cioè, se potessi scegliere vorrei che finisse lui e non io».

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