Il complottismo di Vidal è ottocentesco

Un giornalista con la fissa degli intrighi politici ha una figlia da sposare

Il complottismo di Vidal è ottocentesco

«Parlo della corruzione. Dei giudici in vendita. Degli uomini di Stato che si spartiscono tra loro il denaro del popolo. Dei giornali comprati, comprati dai leader politici». A parlare non è un italiano, un qualunquista complottista di oggi, ma il giornalista Charles Schuyler, tornato negli Stati Uniti dopo decenni d'assenza, insieme alla figlia Emma, principessa d'Agrigento. Entrambi protagonisti del romanzo Emma, 1876 di Gore Vidal, appena edito da Fazi Editore e uscito nel 1976. Due date non casuali: il romanzo è ambientato a New York nell'anno del centenario della fondazione degli Stati Uniti, e uscì l'anno del secondo centenario. Fa parte, come è noto, di un vasto ciclo di sette opere, la cosiddetta saga dei Narratives of Empire, che ha scatenato ammirazione e anche molte polemiche per il profondo revisionismo storico dell'autore.

Emma cerca marito, Schuyler si muove nel demi-monde politico e intellettuale, fra grandi testate corrotte, notabili, ambasciatori e candidati senatori e presidenti, e si respira in ogni dettaglio l'atmosfera della fine del XIX secolo come nei romanzi storici più riusciti. New York non è ancora quella degli scintillanti grattacieli di vetro, per strada transitano pecore e i marciapiedi pullulano di senzatetto e immigrati di ogni paese. E la principessa Emma, nonostante il nome, più che a Flaubert è vicina alla Isabel Archer di Henry James. Ma non è lei il vero centro: tutto gira intorno al padre giornalista fagocitato dai torbidi intrighi politici. Scritto con la forma del memoir (dello stesso Schuyler), è di sicuro uno scintillante affresco di conversazione pieno di quello che gli inglesi chiamano wit, arguzia e senso dell'umorismo. La ricostruzione dell'alta società americana è impeccabile e molto godibile. Meno l'assunto di fondo di Vidal, ossessionato dal complottismo e dagli intrighi di potere che non salvano nessuno e che sono diventati da decenni il cliché della letteratura impegnata. Non esistono ideali veri nella storia americana, per Vidal, l'unica realtà è «l'adorazione del vitello d'oro, dell'onnipotente dollaro, questa tremenda corruzione», refrain di tutto il libro. Ma d'altra parte non è che in House of Cards si affermino cose diverse.

In compenso si può dire di tutto degli Stati Uniti, tranne che vi esista la censura. Anzi, attaccare il governo degli Stati Uniti, per gli artisti americani è sempre stata una formula di grande successo, sia in letteratura che a Hollywood.

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