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Così lo youtuber Rick DuFer va a caccia della filosofia nascosta nelle serie televisive

Un libro divertente che scova gli echi dei pensatori nelle fiction di oggi

Così lo youtuber Rick DuFer va a caccia della filosofia nascosta nelle serie televisive

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Non a tutti piace la filosofia, neppure al sottoscritto. Perché per i filosofi non esistono punti di non ritorno, come nella scienza. Ti citano Platone o Kant come se non fossero mai superati, sempre attuali, quando la loro conoscenza del mondo era quella del loro tempo. Aristotele credeva che le stelle fossero incastonate in sfere di cristallo, non è che possiamo prenderlo per sensato ancora oggi. Tuttavia senza filosofia non ci sarebbe stata la scienza, e neppure le serie tv, come ci insegna il filosofo Rick DuFer. Non conoscete il Rick DuFer? In realtà si chiama Riccardo Dal Ferro, è uno Youtuber, di quelli intelligenti. Ha decine di migliaia di follower, e ha appena pubblicato un libro, intelligente come lui, che si intitola Spinoza e popcorn (edito da DeAgostini, e accompagnato da piacevolissimi disegni del vignettista Daniel Cuello). Rick non si limita a guardare le serie tv, ma a pensarle filosoficamente.

Prendete Breaking bad: Walter White si trasforma in un genio del male rapportandosi all'altro. Diventa Heisenberg, un chimico che produce la migliore metanfetamina del New Mexico con questa motivazione: «Lo faccio per voi». Ossia per la famiglia. Sebbene alla fine confessi: «L'ho fatto per me». Rick DuFer osserva: «Secondo Immanuel Kant, celebre filosofo dell'antidroga di Albuquerque, agire in modo etico significa non considerare mai un essere umano come un mezzo per il raggiungimento di uno scopo, ma come scopo in sé». È il famoso imperativo categorico, secondo cui devi agire «secondo quella massima che puoi volere divenga una legge universale». Certo, poi stabilire quale debba essere l'etica universale è un altro discorso. Tutti noi, vedendo Breaking bad, vorremmo essere Walter White.

Chi siamo? Cos'è la realtà? Se lo chiedono da secoli i filosofi ma anche gli androidi di Blade runner, come i robot della serie Westworld o quelli di Autofac, l'episodio più bello della serie Electric dreams, e qui entra in gioco l'alienazione di Heidegger. «L'umanità non è più padrona della sua esistenza, l'algoritmo continua a mandare in giro droni per consegnare merci che ormai non servono più a nessuno». La cosa paradossale è che questo incubo di una Amazon impazzita che schiavizza l'umanità è stato prodotto proprio da Amazon.

Non si può vedere American Gods senza tirare in ballo Feurbach («tutti raccontano che Dio ha creato gli esseri umani e invece sono gli esseri umani ad aver creato Dio»), nel Trono di spade c'è molto Marx, mentre Rustin Cohle, il protagonista della prima stagione di True detective, la pensa come Schopenhauer sul mondo: tutto è frutto di elementi casuali: «dal punto di vista di Rust noi non siamo destinati a disperderci e venire sconfitti poiché siamo già dispersi e sconfitti, solo che non lo vogliamo accettare». (Lo accettava Andy Warhol comunque: «Non cado mai a pezzi perché non sono mai assieme»).

E poi c'è Black mirror, in particolare Bandersnatch, una puntata interattiva in cui le scelte del protagonista sono nelle vostre mani. In questo caso voi siete ciò che Socrate chiamava demone, lo spirito guida che condiziona le vostre scelte. Cartesio metteva in dubbio ciò che apprendiamo con i nostri sensi, Bertrand Russell si spinge oltre chiedendosi come possiamo essere sicuri che l'universo non sia stato creato cinque minuti fa (scientificamente paradossale, ma filosoficamente plausibile). «Inception, Black mirror e Spinoza distruggono il sogno cartesiano di poter operare in modo indipendente sulla mente e sul corpo. Soprattutto mettono in discussione l'idea del libero arbitrio». Cosa a cui, d'altra parte, sono arrivate le neuroscienze: l'impulso di compiere un'azione parte prima del pensiero di volerla compiere. In ogni caso, come essere certi che ciò che vediamo è reale se perfino il mondo che vediamo è una ricostruzione virtuale del nostro cervello? E da qui si finisce dritti in Matrix. Commenta Rick DuFer: «Il piano delle macchine ha un difetto: se devi imprigionare miliardi di individui all'interno di una simulazione perché in Matrix riempi il mondo di indizi per smarscherarla?». Però qui rispondo a Rick filosoficamente: e se fossimo davvero in Matrix e le macchine ci avessero fatto vedere Matrix proprio per escludere la possibilità di pensare che siamo davvero in Matrix? Io ogni caso leggete il suo libro, è brillante e divertente.

Ammesso esista davvero.

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